Quale tipo di birra consumano di più gli italiani: analisi di gusti e consumi

L’accesso alla birra nel nostro Paese è cresciuto in parallelo con l’evoluzione dei gusti e delle abitudini sociali. Oggi gli italiani non si limitano più alla classica lager chiara: l’offerta è ricca di stili diversi (IPA, stout, blanche, ecc.) e ogni fascia di consumatori ha le sue preferenze. In questo approfondimento vedremo quali sono i tipi di birra più consumati in Italia e come il mercato nazionale si distingue sia per volumi che per tendenze, focalizzandoci su artigianale vs industriale, dati statistici, differenze regionali e demografiche, influenze culturali, eventi birrari e confronti con il resto d’Europa. Tutte le informazioni sono documentate con dati e fonti aggiornate.

In questo post

Tipologie di birra più consumate in Italia

Nel panorama italiano le birre a bassa fermentazione (lager chiare) dominano nettamente il mercato. Secondo dati AssoBirra, nel 2023 le lager costituivano circa l’82% del volume complessivo di birra venduta in Italia[1]. Di fatto gli stili classici come pilsner e helles la fanno da padroni nei carrelli degli italiani, seguiti a grande distanza dalle birre speciali. Le birre “speciali” (che includono bionde speciali, rosse, scure, ale, IPA e artigianali) rappresentavano in quell’anno solo il 15% circa dei consumi[1], ma proprio in questa fetta si collocano le novità del settore.

In termini di preferenze specifiche, un’indagine AssoBirra rilevava che il 50% degli appassionati sceglie lager tradizionali, mentre circa il 41% opta per birra in stile Pilsner[2]. Altri stili amati ma meno diffusi risultavano le birre di frumento come Weiss (28%) o le Blanche (31%), seguite da stili aromatici come IPA (22%) e American Pale Ale (11%)[2]. In breve, la birra bionda e chiara rimane la tipologia preferita dalla stragrande maggioranza degli italiani, seguita da stili aromatici e speziati che guadagnano terreno soprattutto nei consumi artigianali.

Stili emergenti. Sebbene gli italiani bevano principalmente lager, negli ultimi anni è cresciuto l’interesse per birre dal carattere più deciso. Ad esempio, le IPA (India Pale Ale) – e la loro versione italica, la NEIPA – si stanno facendo strada grazie alla loro aromaticità agrumata, come raccontano approfondimenti su questo stile[3]. Allo stesso modo, le stout e porter (birre scure dal gusto intenso) stanno trovando estimatori, specie nei mesi freddi. In termini pratici, l’offerta artigianale ha ampliato la tavolozza gustativa disponibile: dai malti torrefatti delle stout alle note speziate delle birre trappiste o belgian ale, fino alle bianche di frumento speziate.

Stile di birra % del consumo in Italia (2023)
Lager (bassa fermentazione, bionde) ~82%[1]
Birre speciali (ale, IPA, rossa, stout, ecc.) ~15%[1]

Birra artigianale vs industriale nel consumo italiano

Il mercato italiano è storicamente dominato dalla birra industriale prodotta dai grandi marchi (Moretti, Peroni, Heineken, ecc.), mentre la birra artigianale rappresenta ancora una piccola porzione della torta. Secondo le stime più recenti, le birre artigianali pesano all’incirca il 4% del volume totale di birra consumata in Italia[4]. Alcuni report indipendenti indicano quotes leggermente inferiori (intorno al 2-3%) se si considerano solo le produzioni dei microbirrifici italiani[5][4]. In ogni caso, la birra industriale mantiene oltre il 90% del mercato nazionale.

Questo equilibrio riflette differenze strutturali e culturali: le grandi industrie possono contare su economie di scala, distribuzione capillare e prezzi bassi; i produttori artigianali puntano invece su qualità, sperimentazione, ingredienti locali e narrazione del territorio. Dal punto di vista del consumatore, la birra industriale resta il prodotto di largo consumo (soprattutto fra chi beve spesso birra quotidianamente), mentre la birra artigianale è preferita da chi cerca sapori nuovi e adatti ad occasioni speciali. Sul sito La Casetta Craft Beer Crew un articolo mette a confronto i due mondi, evidenziandone pro e contro[6].

Va detto che il comparto artigianale è in rapida espansione: attualmente in Italia sono attivi oltre 1.000 microbirrifici e brewpub con impianto proprio[4] (il numero totale di birrifici artigianali nel 2022 era circa 1.326[4]). Nonostante questa crescita, la produzione artigianale nazionale rimane bassa rispetto all’industria: si parla di circa 550.000 ettolitri prodotti nel 2023[4], contro decine di milioni prodotti dai grandi birrifici. In termini di quota di mercato, si è stimato che la birra craft vale all’incirca il 4% del consumo totale[4] (una cifra coerente con i dati AssoBirra più conservativi).

Link Interno: Per approfondire le differenze tra i due mondi birrari, si può leggere la pagina dedicata su birrifici artigianali e loro caratteristiche.

Statistiche aggiornate: volumi e trend

Per inquadrare il consumo di birra in Italia in cifre assolute, guardiamo i dati recenti disponibili. Nel 2024 il consumo interno di birra è stato di circa 21,5 milioni di ettolitri (pari a 2,15 miliardi di litri), una leggera flessione rispetto ai 21,8 milioni del 2023 (-1,4%)[7]. La produzione nazionale di birra è stata all’incirca di 17,2 milioni di ettolitri[7]. Ciò significa che l’Italia importa ed esporta birra in quantità minore (dati AssoBirra: 3,8 mln hl di esportazioni nel 2023). Da anni il trend di lungo periodo del mercato italiano è sostanzialmente stabile o in lieve crescita, dopo il forte calo del biennio pandemico.

Sul fronte pro capite, secondo The Brewers of Europe l’Italia ha raggiunto 38 litri per abitante all’anno nel 2022[8]. Fonti AssoBirra evidenziano un valore simile (intorno a 36-37 litri nel 2023)[9][4]. In prospettiva europea, tale livello posiziona l’Italia ben al di sotto dei maggiori paesi birrai: la Repubblica Ceca guida con oltre 140 litri annui[10], la Germania supera i 100 litri[11], mentre anche paesi come il Regno Unito e la Spagna arrivano a 50-60 litri a testa. In pratica, pur essendo in lieve crescita, il consumo pro capite degli italiani rimane inferiore alla media europea (e chiaramente inferiore alle nazioni con antica tradizione birraia)[12].

Per quanto riguarda i trend recenti, il mercato interno mostra segni di stabilità e riconquista del terreno perso durante il Covid. Ad esempio, nel biennio 2021-2022 il consumo è aumentato da 19,8 a 22,5 milioni di ettolitri[13], trainato da una forte ripresa del canale horeca. Nel 2023-24 invece si è assistito a una leggera flessione, in parte attribuibile all’aumento dei prezzi e a contesti economici difficili. Rimane comunque il fatto che il fatturato complessivo del settore birrario vale circa 9,5 miliardi di euro in Italia (prevalentemente generati dalle birre industriali)[4].

È interessante notare anche il crescente contributo di birre dal basso contenuto alcolico: secondo AssoBirra, le birre “low & no alcohol” hanno raggiunto nel 2024 una quota di mercato del 2,11%[14], pur restando un segmento di nicchia. Dati più qualitativi evidenziano che il 25% dei giovani della Gen Z sceglie regolarmente birre analcoliche, indicando una futura possibile crescita di questa categoria[15].

Differenze regionali di consumo

I consumi di birra in Italia presentano marcate differenze territoriali. Le regioni del Nord detengono la quota maggiore del mercato: circa il 45% della birra venduta nel paese viene consumata nelle regioni settentrionali[16]. In particolare, la Lombardia è la regione leader, con circa il 18% del consumo nazionale[16]. Altre regioni del Nord, come Veneto, Emilia-Romagna e Piemonte, registrano livelli pro capite elevati e trend di crescita costanti. Secondo recenti stime, in Lombardia si beve mediamente 42 litri pro capite all’anno (2023), seguita dal Veneto con 39 L[17].

Al Centro Italia i consumi sono moderati: ad esempio il Lazio è intorno a 35 L pro capite[17], mentre Toscana e Umbria seguono con valori un po’ più bassi. Il Sud e le Isole rimangono storicamente fanalini di coda nei consumi pro capite: regioni come la Sicilia (28 L) e la Puglia viaggiano sotto i 30 litri[17]. Tuttavia, negli ultimi anni si è osservata una crescita percentuale più marcata proprio nel Sud: Sicilia e Campania mostrano tassi di incremento attorno al 6-7% annuo[16], superiori a quelli del Nord. Ciò riflette un recupero lento ma costante dell’interesse anche nel Mezzogiorno.

Esempio di consumi regionali (pro capite, 2023):

Regione Litri/anno pro capite (trend vs 2020)
Lombardia 42 L (+8%)[17]
Veneto 39 L (+6%)[17]
Lazio 35 L (+12%)[17]
Sicilia 28 L (+15%)[17]

Questi dati mostrano che, pur se più bassi, i consumi nel Sud stanno crescendo più rapidamente, segno di un graduale cambiamento di abitudini. Un dato interessante, riferito al 2024, stima che il Nord abbia all’incirca il 45% dei consumi mentre Centro e Sud si dividono il resto[16].

Preferenze per età, genere e contesto sociale

Le abitudini di consumo di birra in Italia variano notevolmente anche per fasce d’età e genere. Tra le generazioni più giovani (Millennials e Gen Z) si nota una predilezione per prodotti più leggeri o alternativi: ad esempio, con il caldo la scelta dei giovani ricade spesso su birre a bassa gradazione alcolica e gusti freschi[15]. Nelle rilevazioni estive, il 31% degli italiani e ben il 38% dei Millennials dichiara di bere preferibilmente birre leggere e dissetanti[15]. I Millennial mostrano in generale attenzione alla qualità e alla funzionalità della birra (come la quantità di calorie)[15]. La generazione Z, invece, tende a mescolare i propri drink: circa il 16% alterna consapevolmente bevande alcoliche con opzioni low/no alcol (“zebra striping”[15]). Anzi, il 25% dei giovani della Gen Z sceglie regolarmente birre analcoliche[15], indicando un’impronta di consumo responsabile e orientata al benessere.

Per quanto riguarda il genere, in Italia emerge un comportamento interessante: circa il 60% delle donne italiane beve birra (sia pure raramente), una percentuale tra le più alte al mondo[18]. Al tempo stesso le consumatrici italiane bevono molto moderatamente: la media procapite femminile è di soli 14 litri all’anno (rispetto ai circa 50-60 litri delle donne in paesi come Irlanda, Germania o Repubblica Ceca[19]). Quasi il 70% delle donne birraiole italiane beve una birretta una volta al mese o meno[20], e l’80% predilige porzioni piccole (una bottiglietta da 330 ml o un boccale da 200 ml)[20]. Per loro la birra è principalmente una bevanda sociale: il 76% ne gusta almeno un bicchiere a cena con amici in pizzeria[21], abbinandola spesso a piatti come pizza o piatti della tradizione (un classico è la birra chiara con la pizza margherita[22]). In altre parole, la birra per le consumatrici italiane è soprattutto simbolo di convivialità e “stile di vita mediterraneo”[23][22].

Gli uomini continuano invece a essere i maggiori consumatori di birra in Italia (la percentuale di maschi adulti che beve birra è circa il 77% nel 2022[24], contro il 57% delle femmine). Anche tra loro vige un consumo moderato, ma con frequenze più elevate: circa il 27% degli uomini la beve almeno una volta a settimana. In generale, l’uomo italiano tipico consuma birra nei contesti sociali tipici: allo stadio, nei pub o durante cene informali con amici, spesso abbinandola a piatti sostanziosi come carni grigliate o salumi. Anche per gli uomini la birra si associa a momenti di svago e amicizia: quasi la metà dichiara di aver bevuto la sua prima birra in compagnia di amici o familiari[25].

In sintesi, le differenze demografiche delineano un quadro chiaro: giovani e adulti preferiscono birre più leggere e innovazioni (soprattutto in estate), gli over 40 anni puntano su stili classici. Le donne sono sempre più partecipi alla vita birraria ma con un approccio “soft” e attento alla qualità, mentre gli uomini coprono la maggior parte dei volumi totali. Il contesto di consumo è quasi sempre conviviale: la birra accompagna pasti informali, feste, eventi sportivi o musicali.

Influenze culturali e gastronomiche

La birra in Italia vive al crocevia di tradizione internazionale e specificità culinarie locali. Culturalmente l’Italia è sempre stata più vicina al vino, ma negli ultimi decenni anche la birra si è integrata nelle abitudini alimentari quotidiane[1]. Dal punto di vista gastronomico, la birra viene spesso abbinata ai cibi italiani in modo spontaneo. Il connubio più famoso è senza dubbio birra & pizza: la fresca dolcezza di una lager chiara esalta il sapore del pomodoro e della mozzarella. I ristoranti italiani iniziano sempre più a inserire birre artigianali in abbinamento a piatti tradizionali, dai salumi ai formaggi stagionati (es. porter o stout con pecorini intensi), fino a dessert al cioccolato. Alcuni chef stellati utilizzano la birra in cucina – per sfumature o marinate – sfruttando i malti come ingrediente.

Influenze internazionali. Molti stili oggi popolari in Italia arrivano dall’estero, ma vengono reinterpretati con un tocco italiano. Ad esempio, birre belghe (tripel, witbier) e americane (IPA, double IPA) sono diventate comuni, pur utilizzando luppoli o cereali coltivati localmente. Brand italiani come Baladin hanno sperimentato l’uso di aromi tipici (agrumi di Sicilia, spezie mediterranee) per dare un profilo “nostrano” a stili internazionali[6]. Inoltre, eventi globali influenzano le scelte dei consumatori: durante i grandi eventi sportivi (Mondiali, Europei) si registra spesso un picco di consumi birrari (in particolare di lager a bassa gradazione, facili da bere in compagnia).

Immagine e comunicazione. Alcuni marchi storici italiani hanno cercato di radicarsi nella cultura nazionale: Birra Moretti, ad esempio, associa la propria immagine a momenti conviviali tipicamente italiani (con campagne pubblicitarie che ritraggono scene di amici a tavola). Contestualmente, l’ascesa del “food pairing” ha coinvolto anche la birra: guide gastronomiche consigliano birre ai pasti come farebbero per il vino. L’interesse per prodotti “artigianali” ha portato a una rivalutazione anche delle birre prodotte localmente, percepite come legate ai sapori del territorio (es. birre agricole a km 0[26]).

In definitiva, la birra italiana si nutre di influenze culturali miste: da una parte c’è l’eredità della convivialità mediterranea, dall’altra la voglia di sperimentare stili globali. L’orientamento generale, almeno tra i più giovani, punta alla ricerca di sapori nuovi senza rinunciare alla praticità: un italiano su due, per esempio, preferisce ancora sorseggiare una birra in un ambiente informale (pub o birrificio con taproom) piuttosto che solo a casa[22][15].

Festival, pub e taproom: il contesto sociale

Negli ultimi 15-20 anni l’Italia ha assistito a una vivacità crescente di eventi e locali dedicati alla birra. Ad ogni latitudine si moltiplicano i festival birrari, le fiere di settore e le birrerie specializzate. Manifestazioni come EurHop Beer Festival a Roma, Birre di Primavera in varie regioni, l’evento Beer & Food Attraction a Rimini, o le feste dell’Oktoberfest in città come Milano e Trento hanno attirato centinaia di migliaia di appassionati, contribuendo a diffondere la cultura della birra. Tali eventi hanno l’effetto di sensibilizzare i consumatori alla degustazione (spesso proponendo birre di piccole produzioni locali) e di creare una comunità di “beer lovers”.

Sul fronte pub e taproom, ogni microbirrificio tende ad avere un proprio spazio di degustazione. Nel 2024 in Italia risultano attivi oltre 1.000 birrifici artigianali con impianto[4], molti dei quali gestiscono brewpub o taproom aperte al pubblico. Questi locali fungono da punto di incontro: qui i consumatori possono assaggiare le novità del birrificio e socializzare. Non sorprende quindi che anche l’industria abbia avviato progetti analoghi (ad esempio il “Birrificio Agricolo” di grandi produttori).

Il fenomeno ha inoltre dato impulso al turismo birrario: studi Coldiretti stimano che circa 120 birrifici italiani offrono percorsi di visita/degustazione, generando un impatto economico di 280 milioni di euro nel solo comparto turistico[27]. Le taproom e i pub artigianali sono così diventati un’attrazione in sé per i viaggiatori, che associano alla birra la scoperta dei territori locali.

Infine, il proliferare di corsi di degustazione, concorsi birrari nazionali (come “Birraio dell’Anno”) e collaborazioni tra chef e mastri birrai riflette quanto il fenomeno birraio sia ormai parte integrante della vita sociale. Tutto questo contribuisce a incrementare il consumo occasionale di birra, specialmente nei momenti conviviali di ritrovo (amici al pub, eventi enogastronomici, feste). In sintesi, festival, birrifici artigianali con taproom e iniziative pubbliche hanno un forte impatto sulla visibilità della birra, avvicinando nuovi consumatori e rendendo la birra protagonista di uno stile di vita ricreativo e “made in Italy”.

Consumo di birra in Italia rispetto ad altri Paesi europei

Il confronto europeo colloca l’Italia in una posizione di consumo medio-bassa. Come accennato, il nostro consumo pro capite (circa 36-38 L annui[8]) è minore rispetto alla media dell’Unione Europea, dove spiccano i paesi dell’Est e del Nord. Per esempio, secondo dati raccolti da Kirin e diffusi dai media, nel 2016 la Repubblica Ceca registrava il più alto consumo pro-capite mondiale con ~143 L/anno[10]. Seguivano Germania (circa 104 L), Austria (106 L) e altri paesi tradizionalmente birrari. L’Italia, in quegli anni, si attestava intorno ai 31 litri pro capite[28]. Le rilevazioni più recenti dei Brewers of Europe confermano un lieve aumento (38 L nel 2022), ma il sorpasso verso i livelli nord-europei resta distante[8].

Sul versante produttivo, l’Italia è uno dei maggiori paesi produttori d’Europa (oltre 18 milioni di ettolitri nel 2022[29]), ma la birra italiana è consumata prevalentemente in patria. L’export italiano di birra è modesto rispetto alla produzione, mentre paesi come Belgio e Germania esportano gran parte delle loro birre. Dal punto di vista del settore artigianale, l’Italia è invece tra i primi in Europa per numero di birrifici (sesta con ~1.300 birrifici[30]), pur avendo volumi totali inferiori a paesi di tradizione.

Un altro aspetto di confronto riguarda il comportamento dei consumatori. Gli italiani si distinguono in positivo per il consumo responsabile: studi internazionali mostrano che le italiane, pur bevendo in percentuale molto alta, hanno anche uno dei livelli più bassi di consumo pro capite femminile[18]. Questo profilo “moderato” ci differenzia da paesi birrari puri, dove si bevono quantità molto maggiori.

Link esterno: Ad esempio, la Federazione The Brewers of Europe conferma che nel 2022 l’Italia produceva oltre 18,3 milioni di ettolitri di birra e consumava 38 litri pro capite[29]. Questi dati, frutto di elaborazioni delle associazioni nazionali, mostrano l’Italia come mercato di grandi dimensioni (tra i primi sette produttori UE) ma con consumi relativamente moderati rispetto ad altre nazioni birraie.

Evoluzione del gusto birraio italiano nel tempo

Nel corso degli anni il gusto degli italiani per la birra è cambiato radicalmente. Fino agli anni Ottanta la birra era considerata in gran parte un prodotto “maschile” di nicchia: si dice che all’epoca tre donne su quattro in Italia non gradissero nemmeno l’amaro della birra[31]. In poche parole, la birra era quasi assente dalle tavole femminili. Oggi, invece, oltre la metà delle donne italiane la apprezza e la consuma almeno saltuariamente[31]. Questo mutamento culturale – definito “fenomeno Italia” da AssoBirra[18] – testimonia come la birra si sia integrata nello stile di vita moderno, diventando gradualmente popolare anche fra il pubblico che prima la disdegnava.

Dal punto di vista del prodotto, è avvenuto un salto di qualità simile. Per decenni il mercato era monopolizzato da poche lager industriali (Birra Moretti, Peroni, ecc.), con gusti sostanzialmente invariati. A partire dagli anni Novanta e Duemila si è invece sviluppato un vero movimento artigianale. I primi pionieri (Baladin in Piemonte, Birra del Borgo nel Lazio, poi Mikkeller e molti altri) hanno introdotto in Italia il concetto di birra come bevanda di alta gamma. Da allora il numero di birrifici è triplicato in circa dieci anni[32], e oggi in Italia ci sono più di 1.300 realtà artigianali (inclusi i microbirrifici agricoli in forte aumento[32]).

Questa crescita ha portato all’affermazione di gusti nuovi: l’IPA in particolare (con il suo profilo amaro e agrumato) ha conosciuto un vero boom di popolarità tra il 2010 e o 2020, tanto da diventare uno degli stili più ricercati. Allo stesso modo, le birre ad alto contenuto alcolico (Imperial IPA, barley wine, stout trap-craft) hanno trovato un pubblico curioso. Contestualmente, è cresciuta l’attenzione per birre equilibrate e profumate, come le weiss tedesche o le blonde belghe, soprattutto nel periodo estivo.

Un’altra tendenza recente è l’aumento dell’offerta analcolica e a bassa gradazione. Sebbene il loro peso di mercato sia ancora ridotto (circa il 2% delle vendite totali[14]), birre no- e low-alcohol come radler o birre analcoliche pure stanno guadagnando spazio, rispondendo alla domanda di consumo responsabile. Già oggi, un quarto dei giovani preferisce optare di tanto in tanto per una birra analcolica[15].

In poche parole, il gusto italiano si è evoluto da una “singola via del luppolo” – ovvero la lager chiara – a un’ampia varietà: dagli amari delle IPA alle note fruttate delle blanche, dai malti tostati delle stout alle delicatezze delle birre alla spina di frumento[1][15]. Gli italiani bevono oggi birre che un tempo erano poco diffuse nel Belpaese, segno di un’apertura culturale verso le tendenze internazionali.

Tabella riassuntiva degli andamenti nel tempo:

Periodo Caratteristiche principali
Anni ’80-’90 Predominio di lager industriali; consumo maschile e marginale
Anni 2000 Prime birre artigianali (Baladin, Birra del Borgo, etc.); IPA e stili speciali iniziano a diffondersi
2010-2020 Boom craft beer: esplosione di microbirrifici; IPA e stout di moda; birre stagionali innovative
Oggi Mercato diversificato: ampia gamma di stili, crescita di low/no-alcohol; birra sempre più integrata nella cultura gastronomica

L’evoluzione italiana riflette una curiosità crescente e un avanzare della qualità: oggi anche l’italiano medio cerca il sorso “perfetto” e tende a superare i vecchi stereotipi (ad esempio il mito che la birra “gonfi” o ingrassi). Tutto questo rende attuale la domanda iniziale: quale birra amano di più gli italiani? La risposta è dunque sfumata e articolata: nel complesso è ancora la birra bionda chiara a dominare il consumo totale, ma i segmenti innovativi – dalle IPA alle birre di nicchia – coprono una fetta crescente di cultura birraria nazionale[1][2].

tl;dr

In Italia le lager chiare dominano con l’82% dei consumi, mentre le birre speciali rappresentano solo il 15%. La birra artigianale pesa per il 4% del mercato, in crescita con oltre 1.000 microbirrifici attivi. Il consumo pro capite è di 38 litri/anno, inferiore alla media europea. Lombardia e Nord consumano il 45% della birra nazionale, ma il Sud mostra la crescita più rapida. Giovani e donne preferiscono birre leggere e analcoliche, con un consumo sempre più responsabile e orientato alla qualità.

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5 commenti

  1. Articolo davvero interessante! Non sapevo che la birra artigianale rappresentasse solo il 4% del mercato. Personalmente preferisco le IPA, ma capisco perché molti restino sulle lager. Qualcuno ha provato le nuove birre analcoliche? Vorrei sapere se valgono la pena.

  2. Finalmente un’analisi seria sul consumo di birra in Italia! Sono sorpreso dai dati sul Sud in crescita. Nella mia esperienza di homebrewer, noto sempre più interesse per stili particolari. Consiglio a tutti di provare le stout artigianali locali – ce ne sono di eccellenti! Ho trovato questo sito molto utile per ricette.

  3. Da donna che apprezza la birra, trovo confortante vedere che siamo il 60% a berla! Però confermo che bevo moderatamente, soprattutto in compagnia. Qualcuno può consigliare birre leggere ma saporite per l’estate?

    • @Lucia, prova le weissbier tedesche o le blanche belghe! Sono leggere ma aromatiche. Articolo interessante, anche se mi aspettavo più dati sulle differenze tra generazioni. I millennial davvero preferiscono birre più leggere? Nella mia cerchia siamo tutti appassionati di IPA double!

  4. Come piccolo produttore artigianale, posso confermare la crescita del settore! I dati sono realistici, anche se nella mia esperienza le donne sono sempre più interessate alle birre speciali. Bell’articolo, condivido su questa community che seguo spesso.

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