Perché nel Medioevo si beveva tanta birra?

Introduzione: È noto che nel Medioevo europei di ogni classe sociale – contadini, monaci, nobili e perfino bambini – consumavano birra in quantità sorprendentemente elevate. Ma perché nel Medioevo si beveva tanta birra? La scena potrebbe richiamare alla mente immagini di tavernieri che riempiono senza sosta boccali di scura ale per avventori assetati. Dietro questa realtà storica ci sono ragioni molto concrete e affascinanti. Nel Medioevo la birra non era solo una bevanda voluttuaria: era spesso una necessità, un alimento quotidiano e persino un rimedio più sicuro dell’acqua. In un’epoca priva di conoscenze igieniche moderne, la fermentazione della birra offriva protezione dai germi; in tempi di carestie, un boccale di birra forniva calorie preziose; in un mondo senza tè, caffè o bevande gassate, la birra colmava anche un vuoto di gusto e socialità. In questo articolo analizzeremo tutti i motivi per cui l’uomo medievale metteva la birra al centro della sua dieta. Vedremo il ruolo dei monasteri nell’affinare la produzione birraria, i quantitativi impressionanti consumati giornalmente e come la birra fosse presente in ogni momento della vida, dalla tavola al mercato, dalla festa religiosa al cantiere delle cattedrali. Un viaggio nella quotidianità dell’Europa medievale, quando l’acqua poteva tradire e la birra invece era fedele compagna.

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Birra più sicura dell’acqua: igiene e salute nel Medioevo

Uno dei motivi principali del massiccio consumo di birra nel Medioevo risiede in una semplice verità sanitaria: spesso la birra era più sicura da bere dell’acqua. Può sembrare strano oggi, ma occorre ricordare che nel medioevo l’acqua potabile era tutt’altro che garantita. Le città e i villaggi attingevano a pozzi, corsi d’acqua o cisterne, che facilmente potevano contaminarsi con agenti patogeni. L’assenza di sistemi fognari efficaci e la scarsa igiene significavano che molte fonti d’acqua erano inquinate da rifiuti, residui animali e umani, carcasse in decomposizione e altri pericoli invisibili. Bere acqua non trattata era un autentico rischio: malattie come dissenteria, colera e altre infezioni erano sempre in agguato.

La birra, invece, grazie al suo processo produttivo, forniva una protezione naturale contro i germi. Nella produzione della birra, il malto d’orzo (o altri cereali) viene bollito insieme all’acqua per preparare il mosto. Questa bollitura uccide gran parte dei microrganismi nocivi presenti nell’acqua grezza. Inoltre, l’aggiunta del luppolo – sempre più comune dal tardo Medioevo in poi – ha un effetto antibatterico e conservante. Anche l’alcool prodotto dalla fermentazione (seppur in bassa gradazione nelle birre “quotidiane”) contribuisce a impedire la proliferazione di batteri pericolosi. Insomma, quando i medievali bevevano birra, senza saperlo stavano consumando un liquido pastorizzato ante litteram e leggermente alcolico che, rispetto all’acqua, aveva molte meno probabilità di trasmettere infezioni.

Non a caso, le cronache riportano notizie di comunità medievali risparmiate da epidemie perché bevevano birra invece di acqua. Un episodio famoso riguarda proprio Sant’Arnoldo di Soissons: osservando l’epidemia che falciava i bevitori d’acqua, egli incoraggiò tutti a bere birra e salvò vite grazie a questa intuizione. Anche senza capire il “perché” scientifico, la gente del tempo notò empircamente la differenza. Un detto medievale poteva essere: “Bevi birra, campi meglio”. Certo, questo non era vero in senso assoluto (l’abuso di alcol comportava altri problemi), ma sul breve termine era preferibile un po’ di birra al rischio di ingerire acqua putrida. Perfino i bambini bevevano birra, opportunamente annacquata o a bassissima gradazione, proprio perché darle loro da bere era considerato più sicuro che dar loro acqua potenzialmente contaminata.

In molte aree dell’Europa settentrionale e centrale, la popolazione arrivò a considerare l’acqua non sicura per definizione, relegandola quasi solo agli usi non potabili (lavare, irrigare). Bere acqua “cruda” divenne qualcosa da evitare se si aveva a disposizione birra, vino o sidro. Ricordiamo che alternative moderne come bollire l’acqua col tè non esistevano fino al Seicento inoltrato: la birra era la tecnologia disponibile di purificazione. Un curioso parallelo può farsi con l’uso del tè in Asia: in Cina e Giappone l’acqua veniva bollita per preparare il tè, scongiurando i germi. In Europa del Nord, si “bolliva” sotto forma di birra. Due soluzioni culturali diverse allo stesso problema igienico.

Va detto che non tutta l’acqua medievale era mortale: in molte campagne, fonti sorgive o pozzi profondi fornivano acqua buona, e la gente lo sapeva. Non bisogna credere al falso mito che “nel Medioevo non bevevano mai acqua pura” – semplicemente, quando l’acqua appariva sospetta o si viveva in centri urbanizzati, la birra era il rifugio più affidabile. La birra divenne così la bevanda quotidiana per eccellenza, consumata da tutti i membri della società in luogo dell’acqua, soprattutto nelle città e nelle regioni in cui l’igiene era precaria.

Ogni tavola medievale, dal desco del contadino alla sala del banchetto nobiliare, era apparecchiata con boccali di birra. Al mattino, durante i pasti, perfino prima di dormire in alcuni casi, la birra accompagnava la giornata. Possiamo immaginare un muratore medievale che fa colazione con pane nero e una ciotola di birra leggera; o monaci che spezzano il digiuno serale con una pinta di ale. Era la normalità.

Questo spiega perché si beveva così tanta birra nel Medioevo dal punto di vista igienico: era una scelta di sopravvivenza e buon senso. Oggi disponiamo di acqua potabile controllata e facciamo fatica a concepire la paura dell’acqua. Ma in epoca medievale l’acqua era spesso fonte di malattia. La birra, benché non capissero il principio scientifico, appariva “pulita” e “sicura”. In effetti, diversi studi storici indicano che l’aumento del consumo di birra nel medioevo è correlato all’urbanizzazione: più aumentavano le città e i problemi di acqua sporca, più la gente virava verso birra e vino.

Un aspetto importante è che la birra medievale comunemente bevuta aveva bassa gradazione alcolica. Spesso viene chiamata small beer (in inglese) o petite bière (in francese): era una birra leggera, dal contenuto alcolico di 2-3% o anche meno, ottenuta da seconde o terze ammostature delle stesse trebbie di malto. Questa “birra piccola” era destinata al consumo giornaliero in quantità generose, perché dissetava senza ubriacare troppo. Dunque, i medievali potevano permettersi di bere litri di birra al giorno e restare tutto sommato funzionali e sobri, in quanto il tenore alcolico era basso. Una fermentazione breve e ingredienti diluiti producevano bevande giusto un po’ alcoliche, adatte anche ai più giovani. Per i bambini piccoli talvolta la birra veniva mescolata con latte o uova (una sorta di zabaione liquido) per dar loro nutrienti sicuri.

In conclusione di questa sezione, possiamo affermare che la birra fungeva da scudo sanitario nella vita medievale. Bere birra era una forma di prevenzione, anche se i nostri antenati non conoscevano i batteri. Lo intuivano dall’esperienza, e tanto bastava. Pertanto, quando ci chiediamo perché bevevano così tanta birra, la prima risposta è: perché l’acqua poteva uccidere, mentre la birra no (entro limiti ragionevoli). Un famoso storico medievalista, Alessandro Barbero, ha sottolineato proprio questo punto divulgando il fatto che “nel Medioevo la gente beveva birra ogni giorno, in quantità che oggi sembrerebbero incredibili” proprio per evitare i pericoli dell’acqua. Un paradosso per noi contemporanei, ma una realtà concreta mille anni fa.

Un alimento liquido: valore nutritivo e conservazione dei cereali

Oltre alla sicurezza, c’è un secondo pilastro che spiega l’enorme consumo di birra nel Medioevo: la birra era considerata un alimento a tutti gli effetti. L’espressione “pane liquido” spesso usata per la birra ha radici antiche e veritiere. In un’economia agricola di sussistenza, niente andava sprecato e la birra permetteva di massimizzare il rendimento dei cereali.

Facciamo un passo indietro e immaginiamo un contadino medievale del nord Europa. Ha raccolto orzo, segale o frumento. Una parte la userà per fare il pane. Ma se ha eccedenze di cereali, rischiano di deperire o essere mangiate dai parassiti durante i mesi. Qual è un buon modo per conservare questo surplus calorico? Fermentarlo in birra! La birra, una volta prodotta e sigillata in botti, durava più a lungo del grano immagazzinato che poteva ammuffire o marcire. Inoltre era più trasportabile (potevi venderla al mercato locale facilmente) e in certe zone fungeva quasi da “riserva di emergenza” di calorie liquidi.

La birra medievale era spesso molto nutriente: non filtrata, ricca di residui di malto, conteneva carboidrati complessi, proteine, vitamine del gruppo B prodotte dai lieviti, e minerali. Era un piccolo pasto liquido. Monaci e contadini lo sapevano bene. Nelle regole dietetiche monastiche, ad esempio, veniva stabilito un certo quantitativo di birra al giorno proprio come razione alimentare. Un detto recitava: Liquida non frangunt ieunum – “i liquidi non rompono il digiuno” – il che giustificava l’abbondante consumo di birra durante i digiuni quaresimali nei monasteri tedeschi, perché ufficialmente non era cibo solido ma di fatto li nutriva.

Nei fatti, la birra forniva energia. Un litro di birra artigianale scura e poco attenuata (come poteva essere una ale medievale) poteva fornire diverse centinaia di calorie, grazie ai maltodestrini e agli zuccheri residui non completamente fermentati. Per chi lavorava nei campi o nelle botteghe, bersi qualche boccale significava recuperare forze quasi come mangiare una zuppa di cereali. In mancanza di altri ricostituenti, la birra era un tonico quotidiano. Non sorprende che i lavoratori ricevessero parte del loro compenso in birra: si parla di razioni giornaliere di 4-5 litri per i braccianti specializzati, come carpentieri o operai edili, considerate normali nel tardo medioevo. Documenti storici attestano che nella costruzione di cattedrali e castelli, i signori dovevano provvedere a tot pinte di birra per ogni lavoratore al giorno, pena il calo di produttività (e probabilmente il malcontento). Era la “benzina” dell’epoca.

Un aspetto fondamentale è la conservazione dei cereali attraverso la birra. Immagazzinare grano era problematico: roditori, muffe e insetti erano nemici costanti. Trasformando il grano in malto e poi in birra, si otteneva un prodotto meno attaccabile dalle muffe (grazie al luppolo) e protetto dalla gradazione alcolica. In climi freschi come l’Europa centrale e settentrionale, le botti di birra potevano conservarsi per mesi se non per un anno intero, mantenendo disponibili quelle calorie. Questo era strategico per superare l’inverno e la primavera, quando le scorte di cibo solide scarseggiavano e il nuovo raccolto era lontano. La birra colmava il gap calorico stagionale. Alcuni storici dell’alimentazione suggeriscono che la produzione stagionale di birra in autunno (dopo il raccolto) serviva proprio a creare riserve liquide per l’inverno.

C’è poi il fattore del gusto e della varietà: l’acqua è insapore, la birra invece rendeva piacevole bere ogni giorno. Era forse l’unico “sfizio” a portata di tutti. Ma al di là del piacere, c’era un riconoscimento del valore nutritivo. Lo prova anche il fatto che alle donne incinte o che allattavano talvolta veniva consigliato di bere birra, poiché si credeva (non a torto) che li aiutasse a recuperare energie e a stimolare la produzione di latte. Naturalmente si trattava di birra leggera, ma con molti lieviti (ricchi di vitamine) e malto.

Interessante ricordare che la birra medievale non era filtrata né pastorizzata: spesso veniva consumata torbida, con parti di cereali in sospensione. Era quasi un frullato di cereali fermentati. Alcune birre erano così dense da essere consumate in scodelle o con cucchiai (ad esempio la cervogia in certe zone era un liquido denso e nutriente). Questo somiglia più a un porridge liquido che a ciò che oggi chiamiamo birra. Ma era esattamente il punto: fornire nutrienti.

Le ricette medievali di birra variavano: oltre all’orzo, si usavano avena, segale, frumento e in Scandinavia persino malto di pigne o di cortecce fermentates. L’obiettivo era estrarre più calorie possibile da qualsiasi fermentescibile disponibile. Non c’era l’idea di “birra limpida e cristallina”: quella arriverà con la Legge della Purezza bavarese nel 1516 e con i luppoli chiarificanti. Nel pieno medioevo, la birra poteva essere uno stufato liquido, non troppo gradevole per i nostri standard, ma certamente sostanzioso.

Questa importanza alimentare spiega perché in alcuni periodi storici la birra fu addirittura oggetto di tutele legali riguardo al prezzo del pane. Ad esempio, in Inghilterra la Assize of Bread and Ale era una legge che regolava prezzi e qualità di pane e birra parallelamente, riconoscendo che entrambi erano elementi centrali della dieta e dovevano essere calmierati per evitare tumulti popolari. Dunque birra sullo stesso piano del pane: dice tutto.

Perciò, quando pensiamo al medievale che beve birra a colazione, non dobbiamo immaginarlo come un “alcolista” poco sano, ma come qualcuno che sta assumendo un alimento liquido energetico utile per affrontare la giornata. Perfino nella liturgia cristiana la birra trovò un posticino: sappiamo che in alcune regioni, dove il vino era introvabile, la birra venne usata in cerimonie religiose minori e benedetta dai preti, proprio perché parte integrante della vita locale (sebbene per la Messa ufficialmente rimase il vino).

Riassumendo, la birra medievale era cibo e riserva calorica. Si beveva tanta birra perché, letteralmente, la si mangiava al posto di uno spuntino o di un pasto leggero. Era un modo efficiente di assumere nutrienti e di non sprecare il raccolto. Questo fattore, unito a quello igienico, crea già un quadro chiaro del perché la birra scorresse a fiumi nelle nostre città medievali.

Quotidianità medievale: quanto si beveva e chi beveva

Cerchiamo ora di quantificare e comprendere quanto si beveva in media e chi erano i consumatori nel Medioevo. Le quantità odierne di birra pro capite in certe nazioni (ad esempio la Repubblica Ceca attuale ha un consumo di ~140-150 litri annui per persona) impallidiscono di fronte ad alcune stime storiche medievali. Diversi studi stimano che un adulto nell’Europa medievale potesse facilmente consumare da 1 a 4 litri di birra al giorno, a seconda del luogo, della stagione e della disponibilità.

Fonti monastiche parlano spesso di assegnazioni di gallon di birra. Un gallone inglese medievale corrisponde a circa 4,5 litri. Ebbene, sappiamo che nell’Abbazia di Westminster nel XIV secolo ogni monaco aveva diritto a 1 gallon di birra al giorno. Nei monasteri tedeschi, specie in Baviera, durante la Quaresima (quando non potevano mangiare cibi solidi a volontà) concedevano ai monaci fino a otto litri di birra al giorno come sostentamento. Otto litri! Certo, era birra quaresimale forte ma teoricamente considerata “digiuno liquido”. Questo aneddoto, oltre a stupire, dimostra la tolleranza e l’abitudine che dovevano avere nel bere birra come base dietetica. (Va ricordato: lo stomaco si abitua a reggere tali volumi se la gradazione è bassa o viene aumentata gradualmente. E i monaci su questo erano allenati.)

Per la gente comune, troviamo testimonianze come registri di feudi dove si elencano le forniture di birra per i contadini: ad esempio, in alcune zone della Boemia del XIV sec, a ogni famiglia colonica spettavano tot pinte di birra a settimana come parte del compenso feudale. Nel nord della Francia, in epoca carolingia, ai servi era data cervogia in ragione di un paio di litri al giorno. Si trattava di far parte della paga, e ciò implicava che i proprietari terrieri avevano birrifici feudali o compravano birra per i loro lavoranti.

Le differenze geografiche erano notevoli: nel Nord Europa si beveva più birra, nel Sud più vino. In Italia, Spagna e zone mediterranee, infatti, la viticoltura era prevalente e la birra molto meno comune. Al Sud si beveva vino quotidianamente, anche annacquato per i bimbi. Al Nord, il clima favoriva l’orzo e sfavoriva la vite: lì regnava la birra. Questo spiega perché nei paesi germanici, fiamminghi, britannici e scandinavi il consumo pro capite di birra nel medioevo fu altissimo, mentre in Italia no (da noi la birra arrivava tramite commerci, e rimase più una curiosità locale fino al tardo medioevo). Ad esempio, in Inghilterra documenti del 1272 riportano che una persona comune beveva circa un gallon al giorno tra birra e ale. In Scandinavia, specialmente in Danimarca, la birra di miele e malto (mjød e øl) era consumata anche a colazione. Al punto che alcune leggi vichinghe punivano i contadini che non producevano abbastanza birra per le feste comunitarie: fare birra era un dovere sociale, rifiutarla era atto antisociale.

Per quanto riguarda le donne e i bambini: sì, anche loro bevevano birra, sebbene tendenzialmente birre più leggere. Le donne spesso erano le birraie domestiche (ale-wives in Inghilterra) e consumavano la loro parte. I bambini, come menzionato, bevevano versioni molto annacquate o birra prodotta da terze macerazioni, praticamente un succedaneo appena fermentato (ma sempre meglio dell’acqua sporca). Lo svezzamento a volte comprendeva pane imbevuto di birra leggera. Naturalmente, ciò non significa che i bambini fossero ubriachi: il contenuto alcolico era quasi nullo in quelle versioni bland.

È interessante notare che il concetto di ubriachezza nel medioevo era ambivalente: da un lato la Chiesa e i moralisti condannavano l’eccesso (ubriacarsi era peccato di gola). Dall’altro, la popolazione considerava normale bere parecchia birra senza per questo essere “vizio”. Ubriacarsi fradici ogni giorno non era ben visto, ma mantenere un costante livello di lieve euforia era piuttosto comune e socialmente accettato. Il confine era sottile. Un cronista inglese del 1200 si lamentava che i suoi contemporanei “bevono di continuo finché non vedono il fondo del barile”, indicando che l’ubriachezza era diffusa nonostante le condanne morali. L’alcolismo medievale – se usiamo un termine moderno – era probabilmente elevato in certe zone, ma va letto con la lente di una società in cui non c’erano molte altre fonti di svago o modi sicuri di idratarsi.

Un aspetto sociale: le taverne e gli alehouse erano ovunque. Quasi ogni villaggio aveva luoghi deputati al bere comune. Questo faceva sì che la birra fosse al centro della socializzazione: affari, pettegolezzi, dispute si gestivano davanti a un boccale. La frequenza con cui la gente andava in taverna era alta (perfino quotidiana per artigiani e mercanti). Di conseguenza, il consumo pro capite saliva anche per effetto della vita di comunità: se tutti vanno in locanda la sera, tutti bevono almeno un paio di pinte, e così via.

È opportuno chiedersi: ci sono dati concreti di consumi annuali pro capite medievali? Non precisi come oggi, ma alcuni storici hanno provato stime. Ad esempio, stime per la Londra del XIV secolo suggeriscono un consumo attorno ai 300 litri per persona all’anno. Valore altissimo rispetto ai ~70 litri dell’Italia odierna o i ~140 della Repubblica Ceca contemporanea (che è la più alta). In alcune zone monastiche tedesche, calcolando le quote giornaliere, si superavano i 500 litri annui per monaco (ma i monaci facevano periodo di digiuno con birra extra forte che gonfiava la media). Certamente, un bevitore medievale medio assumeva più alcol etilico di un bevitore medio moderno – con la differenza che era spalmato su una giornata intera e in birre leggere.

Va evidenziato che, proprio perché la birra era cibo, non era vista come “alcolico” in senso negativo. Il concetto di alcolismo come malattia o di astemia per motivi salutisti è moderno. Nel medioevo bere vino o birra era come oggi bere bibite o caffè, con la differenza che contenevano alcol. Solo gli eccessi venivano stigmatizzati (il classico ubriacone di paese era comunque ridicolizzato, eccesso era peccato). Ma che un uomo virtuoso bevesse 2-3 litri di birra al dì non scandalizzava nessuno, anzi era normale.

Differenza di classe: i nobili bevevano birra? Sì, specie al Nord. Tuttavia preferivano birre di qualità migliore, spesso addizionate con spezie e miele (le cosiddette birre di lusso, tipo braggot o cervogia speziata). E bevevano anche vini dolcissimi importati. Ma quando il vino scarseggiava, anche i nobili passavano all’ale locale senza problemi. Ad esempio, a molte corti tedesche e fiamminghe la birra era servita a pranzo per rinfrescare, e il vino solo a cena nelle portate principali.

Le città anseatiche e fiamminghe arrivarono a un tale sviluppo birrario che esportavano birra in botti via mare: pensiamo a Amburgo, che nel 1500 aveva oltre 600 birrifici e riforniva di birra mezza Europa del Nord. Segno che c’era una domanda incredibile e continua.

In conclusione di questo punto: nel medioevo si beveva birra ovunque, chiunque e in gran quantità. Per motivi già discussi (sicurezza, nutrimento) e per la struttura sociale che lo incentivava. Era letteralmente la bevanda nazionale di quasi ogni popolo europeo a nord delle Alpi. Anche oggi alcuni paesi eccellono nel consumo (Cechi, Tedeschi, ecc.), ma allora la birra colmava spazi che oggi colmiamo con acqua imbottigliata, bibite, caffè, tè, ecc. Ecco perché i numeri erano così alti.

Il ruolo dei monasteri e le innovazioni birrarie

Un attore fondamentale dell’epoca medievale nel contesto birrario furono i monasteri. I monaci non solo producevano birra per il proprio sostentamento, ma divennero spesso i pionieri di miglioramenti tecnici nella birrificazione. Questo non è secondario: la qualità e disponibilità di birra aumentarono grazie ai monasteri, contribuendo al suo ampio consumo.

Fin dal Medioevo alto (VII-VIII secolo), nei monasteri dell’Europa occidentale si preparava birra seguendo la Regola di San Benedetto che incoraggiava i monaci a essere autosufficienti e a produrre ciò che consumavano. Ogni monastero aveva il suo birrificio. I monaci perfezionarono le ricette, appuntarono metodi su manoscritti e introdussero innovazioni. Ad esempio, la tradizione attribuisce a Santa Ildegarda di Bingen (una monaca vissuta nel XII secolo, poi canonizzata) la prima descrizione scritta delle proprietà conservanti del luppolo nella birra. Ildegarda nei suoi testi medicinali consigliava l’uso del luppolo “perché rende la birra più duratura e migliora la salute di chi la beve” – di fatto, incoraggiò ciò che in Germania portò poi alla piena adozione del luppolo. Inserire il luppolo (che era dapprima una curiosità) fu rivoluzionario: le birre divennero meno peribili, più amare (piacevolmente), e questo ne facilitò la produzione su larga scala e il commercio. Entro il 15° secolo, grazie all’influenza dei monaci e degli editti come la Reinheitsgebot bavarese, la birra al luppolo divenne standard in molte zone, migliorandone sicurezza e conservabilità.

I monasteri producevano birre di varia intensità: una più leggera per il consumo quotidiano (spesso distribuendola anche ai poveri come carità), e una più forte e densa per occasioni speciali o per i periodi di digiuno (come la doppelbock quaresimale dei paolani di Monaco menzionata prima). Queste birre forti monastiche erano antenate delle attuali birre trappiste e d’abbazia, molto corpose e nutrienti.

È proprio in ambito monastico che si consolidò l’idea che la birra potesse sostenere nei digiuni. I frati paolani a Monaco di Baviera nel XVII secolo crearono una birra talmente ricca (la futura Salvator, capostipite delle Doppelbock) che pensarono “è troppo buona, il digiuno diventa un piacere!” e ne mandarono un barile fino al Papa per assaggio. Il Papa, dopo che il lungo viaggio aveva rovinato la birra rendendola acida, la giudicò così cattiva da non infrangere affatto la penitenza – e dette il permesso di berla. I frati gioirono, potendo continuare a nutrirsi con quel pane liquido senza rimorsi. Questa storia, oltre ad essere pittoresca, testimonia il livello di importanza attribuito alla birra in contesto religioso e nutritivo.

I monasteri inoltre diffusero la cultura birraria: insegnavano ai contadini le tecniche, ospitavano viaggiatori a cui servivano birra, contribuendo a uniformare un po’ le ricette. Molti termini birrari derivano dal latino monastico. Perfino la parola cervogia (dal latino cerevisia) attraversa i documenti monasticos.

Quando arriviamo al tardo Medioevo (XIV-XV secolo), la produzione di birra non è più solo casalinga ma anche professionale e centralizzata nelle città, con le corporazioni dei birrai. Chi erano i birrai più esperti? Spesso monaci fuoriusciti o formatisi presso abbazie, oppure laici che apprendevano dai monaci. Insomma, la scienza birraria medievale è figlia anche del silenzio dei chiostri.

Un’altra innovazione medievale fu la specializzazione degli stili regionali. Per esempio, in Germania del nord si sviluppò la birra di frumento (Weissbier) e alcune birre scure dense come la bock a Einbeck. In Belgio nacquero le birre d’abbazia ad alta fermentazione e furono mantenute vive le fermentazioni spontanee di Lambic nella valle della Senna (Bruxelles). In Inghilterra nel 1400 si distinguevano già “ale” (senza luppolo) e “beer” (con luppolo importato dai fiamminghi) come due categorie diverse. Questa evoluzione significava che la birra diventava sempre più qualitativamente varia e interessante. Se la gente la beveva in ogni dove, i produttori cercavano anche di renderla più gradevole e differenziata. Un contadino del 1200 forse conosceva solo la cervogia torbida locale; un cittadino del 1500 poteva scegliere tra birra chiara di malto leggero, birra scura forte, birra al luppolo o dolce, secondo disponibilità.

Tornando ai monasteri e birra, non si può non nominare la celebre Reinheitsgebot bavarese del 1516 – al confine tra Medioevo e Rinascimento. Fu emanata dal Duca Guglielmo IV di Baviera e imponeva che la birra potesse essere fatta solo con acqua, malto d’orzo e luppolo (lievito non menzionato perché sconosciuto allora). Questa legge, sebbene di epoca rinascimentale, codificava pratiche in uso già da tempo (anche grazie ai monaci): non usare cereali destinati al pane (solo orzo per non far salire prezzo del frumento), usare luppolo come conservante. È spesso citata come la più antica legge alimentare ancora valida al mondo. Cosa c’entra col nostro tema? Indica quanto la birra fosse importante da meritare una legge di stato e, indirettamente, spiega perché se ne beveva tanta: si voleva garantire al popolo una birra sana, economica e buona, prevenendo truffe (es. birrai che mettevano sostanze sgradite). Se un governo interviene così, significa che la birra era base dell’alimentazione tanto quanto il pane.

Infine, i monasteri facevano anche assistenza pubblica con la birra: durante carestie o pestilenze, molte abbazie aprivano i loro granai e offrivano birra e zuppa ai bisognosi per evitare disordini e guadagnare meriti caritatevoli. Questo tenne alti i consumi persino in tempi difficili: la birra era più facile da “diluire” per sfamare tanti rispetto al pane. Bastava allungare un po’ la fermentazione con acqua e si otteneva bevanda per molti.

In conclusione, i monaci e i loro successori (birrai laici organizzati) giocarono un ruolo chiave nel perfezionare la birra medievale facendola diventare così diffusa e affidabile. Senza di loro, forse la birra sarebbe rimasta a livelli qualitativi più bassi e chissà, la gente ne avrebbe bevuta di meno. Invece, grazie a queste innovazioni, la birra medievale divenne sempre più il pilastro della dieta che conosciamo.

Birra e società: taverne, feste e cultura medievale

Abbiamo trattato motivi pratici – igiene, nutrizione, innovazione – ma non va dimenticato l’aspetto socio-culturale: la birra nel Medioevo era al centro della vita comunitaria, delle feste e persino di certe visioni del mondo. Questo contribuì a mantenerne alto il consumo: la birra non era imposta solo dalla necessità, ma anche desiderata come piacere e aggregatore sociale.

Le taverne medievali erano qualcosa di paragonabile ai social network odierni: luoghi di scambio di informazioni, contrattazione di affari, svago e incontro. Ogni città ne aveva a decine; a Londra nel 1300 se contavano oltre 350 tra taverne e locande. In una società priva di stampa e media, la taverna era dove si diffondevano le notizie. E ovviamente in taverna si consumava birra (oltre a un po’ di vino nelle zone dove arrivava). L’accessibilità della birra – economica e facile da servire – la rendeva la bevanda principale venduta nelle taverne. Più taverne c’erano, più birra veniva bevuta. Era un circolo virtuoso/vizioso: la gente apriva ostelli e alehouse per guadagnare, incentivando il consumo, e questo a sua volta rendeva la birra parte integrante dell’economia urbana. Ci furono anche problemi: a volte le autorità dovevano imporre chiusure anticipate delle taverne per evitare disordini notturni dovuti all’eccesso di birra.

La birra scorreva a fiumi nelle feste religiose e popolari. Pensiamo alle fiere, ai mercati annuali, alle celebrazioni dei santi patroni: tutte occasioni in cui la comunità si riuniva e… brindava. Vi sono resoconti di kermesse fiamminghe in cui venivano allestite enormi tende-birreria per servire centinaia di galloni di ale ai partecipanti. Durante le nozze contadine, la birra doveva essere disponibile per tutti gli invitati e spesso costituiva la voce di spesa principale del banchetto, più del cibo. Nei riti di passaggio (battesimi, matrimoni, funerali) se beveva birra in segno di condivisione. Ancora nel folklore contadino, offrire birra ai portatori del feretro durante un funerale era d’obbligo, perché “accompagnava” il defunto e sollevava gli animi dei presenti.

C’erano anche giochi e competizioni legate al bere. Le gare di bevute non sono un’invenzione moderna: in cronache medievali si citano sfide di resistenza alla birra tra cavalieri o tra corporazioni. Erano eventi goliardici, un po’ come oggi le gare di mangiatori di hot-dog. Questo spirito ludico attorno al bere faceva parte della cultura carnevalesca medievale, studiata anche da storici come Bakhtin: nel carnevale e in altre feste, l’ordine veniva sovvertito, l’ebbrezza era concessa, e la birra ne era il carburante.

Non va trascurata la dimensione psicologica: in un mondo duro, pieno di fatiche, la birra offriva evasione e relax. Dopo ore nei campi o in bottega, bere birra dava una piacevole sensazione di benessere e alleviava i dolori. Non avevano analgesici o intrattenimenti sofisticati: la birra era la “ricompensa” quotidiana. Questo attaccamento emotivo alla bevanda spiega perché la difendevano e ne facevano ampio uso.

In letteratura e arte medievale, la birra appare spesso. Ad esempio, nei racconti di Chaucer (Canterbury Tales, fine ‘300) i pellegrini quando possono ordinano birra o ale e se ne rallegrano, e Chaucer descrive il sapore dell’ale. Nelle miniature, le scene di Taverna con persone che bevono dai boccali sono frequenti, quasi a rappresentare allegorie dei cinque sensi o dei mesi dell’anno (il mese di ottobre spesso raffigurato con la birrificazione). Ciò indica quanto fosse considerata parte dell’ordine naturale delle cose.

Addirittura, la birra entrò nel linguaggio proverbiale e in metafore religiose. Qualche predicatore usò la birra come simbolo: ad esempio, un predicatore fiammingo disse ai fedeli che “l’anima senza fede è come birra senza schiuma, svanisce in fretta”. E c’erano proverbi come “Chi ha birra non muore di sete” equivalenti ai nostri “aiutati che Dio ti aiuta”.

Durante il Medioevo, l’autorità ogni tanto tentò di moderare l’eccesso. Ad esempio, Carlo Magno nel capitolare De Villis (IX sec.) richiedeva ai fattori imperiali di produrre cervogia buona, ma anche raccomandava di punire i soldati sorpresi ubriachi in servizio. Verso il 1200, in Francia, furono posti limiti agli orari di osteria e al numero di licenze di mescita per controllare un po’ l’ubriachezza dilagante. Ma erano misure di scarso effetto: la birra era troppo radicata.

Un fattore interessante: in quell’epoca non esistevano bevande analcoliche alternative (esclusa l’acqua e il latte). Non c’erano succhi conservati, né tè/caffè, né soda. Dunque, se uno non voleva alcol, poteva bere acqua (rischiosa) o latte (che però era più cibo e deperiva in fretta). Quindi l’offerta di beverage era: alcolico fermentato o niente. E molti preferivano il fermentato. Questo contesto di scelta limitata fu determinante: la “concorrenza” alla birra è comparsa solo dal 17° secolo in poi con cioccolata, tè, caffè, ecc., che progressivamente hanno ridotto il consumo di alcol durante il giorno. Nel medioevo niente di tutto ciò: birra e vino dominavano.

Possiamo paragonare il consumo di birra medievale al nostro consumo odierno di caffè e soft drink. La gente iniziava la giornata con birra leggera (come noi col cappuccino), durante il lavoro beveva pausa birra (noi pausa caffè), a pranzo birra (noi acqua o bibita), nel dopocena birra robusta (noi magari drink o tisana, loro ancora birra). In pratica copriva tutte le fasce orarie, modulando gradazione e quantità.

Un capitolo particolare: la vita universitaria nel medioevo e rinascimento. Gli studenti, notoriamente festaioli, consumavano fiumi di birra e vino. Le città universitarie come Oxford, Cambridge, Parigi, Heidelberg erano note per le birrerie studentesche. Ci sono statuti universitari del ‘400 che proibiscono agli studenti di frequentare taverne dopo il tramonto – segno che dovevano farlo molto! Gli student pubs odierni hanno radici antiche. E la cultura goliardica studentesca medievale ha lasciato canti in latino come “Gaudeamus igitur” che includono il brindisi allegro.

In sintesi, la birra era parte integrante della vita sociale medievale, non solo un bene di prima necessità. Più la società la celebrava in eventi e luoghi, più il suo consumo rimaneva elevato. Era un circolo in cui la birra alimentava la socialità e la socialità incoraggiava la birra.

Conclusioni

Tirando le somme, perché nel Medioevo se beveva tanta birra? Per un insieme di ragioni convergenti che facevano della birra la bevanda ideale per quell’epoca. Dal punto di vista pratico-sanitario, la birra offriva una soluzione sicura all’annoso problema dell’acqua inquinata: bollitura e alcol eliminavano il rischio di malattie, rendendo la birra una scelta di salute (paradossale a dirsi oggi, ma reale allora). Sul piano nutrizionale, la birra era un alimento liquido ricco di calorie e nutrienti, fondamentale in diete spesso carenti; fungeva da riserva di cereali fermentati, indispensabile per superare inverni e momenti di magra. Grazie all’opera di monaci e mastri birrai medievali, la sua qualità migliorò e divenne sempre più disponibile e varia, consolidando la fiducia della popolazione in questa bevanda.

Non meno importanti furono le motivazioni sociali e culturali: la birra era al centro della convivialità, delle feste, dei momenti di relax dopo il lavoro. In un mondo privo di altre bevande dilettevoli, la birra riempiva il bisogno di gusto e di piacere quotidiano. Era radicata nelle abitudini collettive, tanto da essere considerata parte integrante del salario e della dieta consigliata persino ai religiosi in quaresima. La percezione comune non la vedeva come “alcolico pericoloso”, bensì come bevanda di prima necessità e di godimento moderato.

Possiamo dunque dire che nel Medioevo si beveva tanta birra perché la birra era vita: dissetava meglio dell’acqua, nutriva come un cibo, univa le persone come oggi farebbe un buon pasto in compagnia. Era presente dalla colazione alla cena, dalla culla (diluita per i più piccoli) fino ai banchetti funebri. I quantitativi consumati – impensabili oggi – erano giustificati da una gradazione inferiore e da un diverso stile di vita fisicamente molto impegnativo, che “bruciava” quelle calorie alcoliche assunte.

Col passare dei secoli, l’arrivo di nuove bevande e il miglioramento delle acque potabili ridussero gradualmente il primato della birra nell’idratazione quotidiana. Ma l’eredità di quell’epoca rimane: molte birre tradizionali europee odierne discendono da ricette medievali; il ruolo sociale della birra come simbolo di convivialità è ancora con noi (pensiamo all’Oktoberfest o alle birrerie artigianali piene di gente oggi). E la consapevolezza che l’igiene è fondamentale nella produzione di alimenti fermentati – intuizione nata nel medioevo empiricamente – è uno dei pilastri della moderna birrificazione.

In definitiva, nel Medioevo si beveva così tanta birra perché era la risposta giusta ai bisogni di quell’epoca: sicurezza, nutrimento e socialità. Ogni volta che alziamo un boccale di birra artigianale ben fatta, possiamo ricordare che stiamo partecipando a una tradizione antica, nata quando quell’umile bevanda salvava vite e rendeva le giornate un po’ meno dure. E se oggi la gustiamo per piacere più che per necessità, portiamo comunque nel brindisi il ricordo di un tempo in cui la birra era davvero, per molti, fonte di vita quotidiana.

(Per ulteriori letture sulle curiosità storiche legate alla birra e al Medioevo, vi invitiamo a consultare questo articolo ricco di aneddoti storici sulla birra. Inoltre, se siete curiosi di sapere come la passione per la birra prosegue oggi, scoprite i paesi che vantano il maggior consumo di birra al mondo, segno che la lunga storia d’amore tra l’umanità e la birra continua ancora nel XXI secolo!)

tl;dr

Nel Medioevo si beveva tanta birra principalmente per tre ragioni: 1) Sicurezza igienica: la birra, grazie alla bollitura e fermentazione, era più sicura dell’acqua spesso contaminata; 2) Valore nutritivo: era un “pane liquido” ricco di calorie e nutrienti, essenziale in un’economia di sussistenza; 3) Ruolo sociale: centrale in taverne, feste e vita comunitaria, in un’epoca priva di alternative bevande non alcoliche. I monasteri migliorarono le tecniche produttive, e il consumo poteva raggiungere 3-4 litri al giorno a persona, con birre leggere (2-3% alc.) adatte al consumo quotidiano.

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5 commenti

  1. Articolo davvero interessante! Non avevo mai pensato alla birra come a una soluzione igienica prima dell’avvento dell’acqua potabile. Mi chiedo se ci siano studi sulla salute dentale dei medievali: bere birra invece di acqua zuccherata forse aveva anche effetti positivi sui denti? A proposito, ho trovato un articolo scientifico che parla degli effetti antibatterici del luppolo, conferma quello che scrivete!

  2. Lucia "BirraDoc"

    Bellissimo approfondimento! Sono una appassionata di birra artigianale e spesso organizzo degustazioni tematiche. Mi piacerebbe fare una serata sul tema “Birre medievali”: secondo voi quali stili moderni si avvicinano di più alle birre che bevevano allora? Forse alcune farmhouse ale o le saison?

    • @Lucia “BirraDoc” – Bella idea! Io ho assaggiato qualche ricostruzione storica di birre medievali, spesso sono più dolci e speziate di quello che immaginiamo. Alcune birrerie artigianali fanno esperimenti con cereali antichi. Comunque l’articolo mi ha fatto riflettere: oggi ci preoccupiamo tanto delle calorie della birra, ma per i nostri antenati quelle calorie erano vitali!

  3. Alessandro Storico

    Articolo ben documentato, ma vorrei fare una precisazione: non bisogna generalizzare troppo. In alcune zone rurali con sorgenti pulite, l’acqua si beveva regolarmente. La birra era più comune nelle città, come giustamente accennate. Comunque complimenti per il taglio divulgativo senza banalizzare.

  4. Mi ha colpito la parte sui bambini che bevevano birra! Oggi sembrerebbe assurdo, ma in quel contesto aveva senso. Però mi chiedo: con tutti quei litri di birra, non c’erano problemi di alcolismo diffuso? L’articolo accenna al fatto che era socialmente accettato bere tanto, ma dove era il limite?

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