Cosa si fa con gli Scarti della Birra: la Rivoluzione Circolare nel Mondo Brassicolo

L’eredità nascosta della produzione brassicola

Ogni volta che gustiamo una birra artigianale, raramente pensiamo a ciò che rimane dopo il processo produttivo. Eppure, per ogni 100 litri di birra, si generano 20 kg di scarti, composti per l’85% da trebbie (residui di malto d’orzo e luppolo). Solo in Italia, questo si traduce in 200.000 tonnellate annue di materiale che, tradizionalmente, finiva in discarica. Oggi, la domanda è cruciale: cosa si fa con gli scarti della birra per trasformarli da problema ambientale a opportunità? La risposta sta nell’economia circolare, dove i sottoprodotti diventano risorse per settori disparati: alimentazione umana, mangimi, energia e design sostenibile.

In questo post

  • Dalla discarica alla tavola: il riuso alimentare
  • Energia rinnovabile dagli scarti brassicoli
  • Mangimi innovativi per l’acquacoltura
  • Packaging biodegradabile: la nuova frontiera
  • Fertilizzanti naturali per l’agricoltura
  • Innovazioni tecnologiche e startup italiane
  • Il futuro degli scarti nella birra artigianale

Dalla discarica alla tavola: il riuso alimentare

Le trebbie, umide e ricche di fibre, proteine e minerali, sono il cuore della rivoluzione circolare. Invece di diventare rifiuto, vengono essiccate e macinate per produrre farina di birra, ingrediente base per biscotti, cracker e pane. In Toscana, il Birrificio Valdarno Superiore collabora con la Biscotteria Vannino per creare i “Biscotti del Birraio”: sablé al cioccolato che sposano tè e birre scure. Negli Stati Uniti, la startup ReGrained produce snack proteici aggiungendo miele o cioccolato alle trebbie.

Ma non è tutto: nel Regno Unito e in Australia, le trebbie si trasformano in Marmite, una crema spalmabile scura usata a colazione. In Italia, la startup Trebo punta a rendere questa farina accessibile anche ai privati, esplorando applicazioni in pasticceria e prodotti da forno.

Energia rinnovabile dagli scarti brassicoli

Il progetto Birraverde, coordinato dal CREA (Consiglio per la ricerca in Agricoltura), dimostra come gli scarti possano alimentare la transizione energetica. Attraverso la pirogassificazione – un processo termochimico che sfrutta reattori pirolitici – trebbie, lieviti esausti e acque di processo diventano pellet da riscaldamento. Un altro prodotto rivoluzionario è il biochar, carbone vegetale che trattiene l’acqua senza emettere CO₂, migliorando i terreni agricoli.

Negli Stati Uniti, il team del ricercatore Haibo Huang ha sviluppato un metodo per estrarre l’83% delle proteine dalle trebbie umide, separandole dalle fibre. Il residuo fibroso, trattato con il batterio Bacillus lichenformis, genera composti chimici utilizzabili come biocarburanti.

Mangimi innovativi per l’acquacoltura

L’industria ittica beneficia direttamente di queste innovazioni. La Virginia Polytechnic and State University ha creato mangimi per pesci d’allevamento sostituendo fino al 50% della farina di pesce tradizionale con proteine derivate dalle trebbie. Questo non solo riduce la pressione sugli stock ittici oceanici, ma taglia i costi di produzione, offrendo un’alternativa sostenibile e nutriente.

Packaging biodegradabile: la nuova frontiera

Le startup europee stanno trasformando gli scarti in soluzioni per l’inquinamento da plastica. BioSupPack, azienda italiana, sviluppa bioplastiche da polimeri derivati dalla fermentazione delle trebbie. Il risultato? Tubetti per cosmetici, contenitori per salse e persino packaging per lattine di birra completamente compostabili. Un altro esempio è Spoontin, il cucchiaio edibile realizzato con farina di birra, vincitore del premio EcoTrophelia nel 2018.

Fertilizzanti naturali per l’agricoltura

La birra in eccedenza o non idonea alla vendita trova nuova vita in agricoltura. Grazie all’alto contenuto di azoto e proteine, funziona come fertilizzante naturale, aumentando la fertilità del suolo. Alcuni birrifici la utilizzano anche per irrigare orti interni, creando cicli produttivi a impatto zero.

Innovazioni tecnologiche e startup italiane

L’intelligenza artificiale sta ottimizzando la gestione degli scarti. Il Birrificio San Marco, in Toscana, usa ChatGPT per sviluppare birre innovative (come una IPA al frutto della passione) e migliorare l’efficienza della fermentazione, riducendo gli sprechi del 20%. Intanto, Trebo lavora come “trasformatore centrale” per i birrifici italiani, stabilizzando le trebbie e fornendo farina a industrie alimentari e cartiere.

Il futuro degli scarti nella birra artigianale

Le prospettive sono promettenti:

  • Collaborazioni cross-settoriali: Birrifici e aziende agroalimentari stanno creando filiere integrate, come dimostra il caso BVS-Vannino.
  • Materiali edili: Ricerche puntano a usare le trebbie nella produzione di mattoni leggeri e isolanti.
  • Modelli business circolari: I birrifici potrebbero vendere non solo birra, ma anche sottoprodotti come pellet o fertilizzanti, generando nuovi ricavi.

Secondo le stime, sfruttando appieno queste soluzioni, si potrebbe riciclare il 90% degli scarti, azzerando quasi completamente l’invio in discarica.

Verso un modello “zero waste”

La birra artigianale è sempre più simbolo di sostenibilità. Come afferma Federico di Trebo: “Dobbiamo passare da un modello lineare a uno circolare: coltivo orzo, produco birra, trasformo gli scarti in nuovi prodotti”. Questo approccio non è solo ecologico; è un vantaggio competitivo per un mercato che chiede trasparenza e responsabilità.

Per approfondire come la birra artigianale rivoluziona la sostenibilità, visita il nostro catalogo di birre artigianali. Se sei interessato alle applicazioni gastronomiche, leggi come abbinare birra e formaggi laziali.

Fonti esterne: Per dati globali sul riciclo degli scarti alimentari, consulta il rapporto della FAO.

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