Come Si Dividono le Birre?

Esistono moltissimi tipi di birra al mondo, ma per fare ordine gli esperti le classificano secondo alcuni criteri principali. La domanda “come si dividono le birre” può avere risposte diverse a seconda dell’aspetto considerato: metodo di fermentazione, colore, grado alcolico, stile di produzione o ingredienti. In questo articolo guideremo il lettore attraverso le principali classificazioni utilizzate nel mondo brassicolo. Impareremo a distinguere birre a bassa fermentazione da quelle ad alta fermentazione, scopriremo cosa sono le birre a fermentazione spontanea, vedremo le categorie in base al colore (birra chiara, ambrata, rossa, scura) e le denominazioni legate alla gradazione alcolica (come la “doppio malto”). Infine daremo uno sguardo alla suddivisione per stili birrari, ovvero le tante tradizioni e famiglie di birre esistenti.

Fare chiarezza su queste divisioni aiuta non solo a capire meglio le etichette e i menù dei pub, ma anche a apprezzare la varietà straordinaria del mondo della birra. Dietro termini come lager, ale, stout o weiss si celano precise caratteristiche produttive e di sapore. Vedremo dunque le principali categorie in cui si suddividono le birre in maniera semplice e chiara, così che anche un neofita possa orientarsi in questo vasto universo al primo sguardo.

In questo post

Fermentazione: alta, bassa e spontanea

Il primo criterio di classificazione – il più utilizzato a livello tecnico – è il tipo di fermentazione impiegato per produrre la birra. In base al lievito e alla temperatura di fermentazione distinguiamo tre macro-famiglie:

  • Bassa fermentazione: birre ottenute con lieviti Saccharomyces pastorianus (detti un tempo carlsbergensis) che lavorano a basse temperature (circa 5-10°C) e che, a fine fermentazione, si depositano sul fondo del fermentatore. Sono chiamate comunemente lager. Esempi: Pilsner, Märzen, Bock. Le lager costituiscono oggi la stragrande maggioranza della produzione mondiale (si stima circa il 90% delle birre totali) grazie alla loro diffusione industriale.
  • Alta fermentazione: birre prodotte con lieviti Saccharomyces cerevisiae, attivi a temperature più elevate (15-25°C) e che fermentano in superficie. Sono chiamate ale (termine anglosassone per birra). Comprendono una grande varietà di stili tradizionali. Esempi: Pale Ale, Stout, Weissbier, Saison, Trappista. Le birre ad alta fermentazione hanno spesso aromi più complessi, fruttati o speziati, dati dal lievito.
  • Fermentazione spontanea: birre in cui non si inocula un lievito selezionato, ma si lascia che i microrganismi presenti naturalmente nell’aria fermentino il mosto. È un metodo antico e raro, oggi praticato quasi solo in alcune zone del Belgio (Pajottenland) per produrre le Lambic. Le Lambic e derivate (Gueuze, Kriek, ecc.) sono birre acidule e molto particolari, prodotte con tecniche tradizionali.

Questa classificazione per fermentazione è fondamentale perché all’interno di ciascun gruppo (alta, bassa, spontanea) ritroviamo poi tanti stili di birra diversi, ma accomunati dal tipo di lievito usato. Ad esempio, sia una Blonde Ale belga che una Porter inglese sono birre ad alta fermentazione (quindi ale), pur avendo colori e sapori differenti. Allo stesso modo una Pils ceca e una Doppelbock tedesca sono entrambe lager (bassa fermentazione). Questa suddivisione costituisce quindi l’ossatura di base della tassonomia delle birre.

Classificazione per colore

Un criterio immediato, spesso usato in modo colloquiale, è la classificazione per colore della birra. È una modalità meno scientifica ma utile per orientarsi. Si parla principalmente di:

  • Birre chiare: comprende le birre dal colore giallo paglierino fino al dorato. Sono in genere lager tipo Pilsner o Helles, o ale chiare come le Golden Ale. Esempi: Pils tedesca, Lager industriale classica, Kölsch.
  • Birre ambrate: birre di colore aranciato, rame o ambrato. Possono essere sia ale che lager. Spesso hanno un gusto più maltato rispetto alle chiare. Esempi: Amber Ale, Bock ambrata, IPA ambrata. (Spesso in Italia il termine “birra ambrata” viene usato come sinonimo di “birra rossa”).
  • Birre rosse: termine non sempre nettamente distinto dalle ambrate. Indica birre di tonalità rosso rubino o marrone chiaro. Tipicamente sono birre con malti tostati o caramellati che danno riflessi rossastri. Esempi: Irish Red Ale, alcuni Doppelbock, Red IPA. In molti casi “rossa” e “ambra” sono usati in modo interscambiabile, ma alcune tradizioni (es. birre irlandesi) giustificano la categoria a sé.
  • Birre scure: comprende le birre brune, marroni scure fino al nero impenetrabile. Qui troviamo Stout, Porter, Doppelbock scure, Quadrupel belghe, ecc. Il colore scuro deriva dall’uso di malti torrefatti (simili al caffè tostato). Le birre scure spesso hanno sentori di cioccolato, caffè, liquirizia dati dai malti scuri.

Questa suddivisione per colore è intuitiva per i consumatori, ma va presa con flessibilità: il colore di una birra non ne determina automaticamente lo stile o il sapore. Ad esempio, esistono birre chiare molto amare (IPA chiare) e birre scure dolci (come alcune Sweet Stout). Tuttavia, in un contesto informale può essere utile per descrivere a grandi linee una birra quando non si conosce lo stile preciso. Molti menu di birrerie indicano accanto al nome se una birra è chiara, ambrata, rossa o scura, così da dare un’idea visiva immediata al cliente.

Classificazione per gradazione alcolica

Un altro modo in cui si possono dividere le birre è in base al tenore alcolico. In Italia questa classificazione è nota soprattutto per la definizione fiscale di “doppio malto”. Vediamo le principali categorie per grado alcolico:

  • Birre analcoliche o light: sono birre con gradazione molto bassa (sotto 3-3,5% vol) o persino zero alcol. Spesso indicate per chi vuole gusto di birra senza alcool. Esempi: birre “zero” industriali, alcuni piccoli stili come le table beer belghe.
  • Birre normali: la fascia più comune, circa 4% – 5,5% vol alcol. Include la maggior parte delle lager da supermercato e delle ale standard. In Italia legalmente si chiamano semplicemente “birre” (sotto 14,5 gradi Plato di estratto originale).
  • Birre “doppio malto”: non è uno stile, ma una definizione legale italiana per birre con estratto originale sopra 14,5° Plato (circa oltre 6% vol). Queste birre pagano più accisa e spesso nel gergo comune “doppio malto” è diventato sinonimo di birra più forte e corposa. Molte birre artigianali o speciali rientrano in questa categoria fiscale, pur potendo essere di stili diversi (es. IPA, Bock, Tripel).
  • Birre ad alta gradazione: in generale, birre oltre 8% vol vengono dette anche “birre forti”. Comprendono stili come Doppelbock (7-8%), Belgian Tripel (8-9%), Barley Wine (10% e oltre), Imperial Stout (10% e oltre). Sono birre da degustazione, spesso vendute in bottiglie piccole.

Questa suddivisione per grado alcolico aiuta a capire l’intensità di una birra. In contesti commerciali italiani, la scritta “doppio malto” sull’etichetta può trarre in inganno facendola sembrare uno stile, mentre indica solo che la birra supera un certo parametro di produzione. Dunque due birre “doppio malto” possono essere molto diverse: ad esempio una Tripel trappista belga e una Doppelbock tedesca sono entrambe forti e “doppio malto” per legge, ma con sapori e ingredienti differenti. Ciò che conta è usare questa classificazione solo per avere un’idea della potenza della birra, non del suo stile specifico.

Stili birrari principali

Oltre ai criteri sopra (fermentazione, colore, gradazione), le birre si dividono in stili birrari veri e propri. Ogni stile è una “famiglia” con una storia, un paese d’origine e caratteristiche uniche di gusto e produzione. Ad esempio, la Pilsner è uno stile (nato in Boemia) di lager chiara molto luppolata e secca; la Weissbier è uno stile (tipico della Baviera) di ale chiara di frumento, fruttata e torbida; la Stout è uno stile (irlandese) di ale scura, tostata e cremosa, e così via. Esistono decine di stili principali e centinaia di sottostili. Alcune categorie macro di stili sono:

  • Lager classiche: Pilsner, Helles, Lager americana, etc. (tutte a bassa fermentazione).
  • Ale britanniche: Bitter, Pale Ale, India Pale Ale (IPA), Porter, Stout (alta fermentazione).
  • Birre trappiste e d’abbazia: Dubbel, Tripel, Belgian Strong Ale, ecc. (alta fermentazione, tradizione belga monastica).
  • Birre di frumento: Weissbier (Weizen) tedesca, Witbier belga. Caratterizzate dall’uso di grano oltre all’orzo, dai profumi speziati o bananati dati dal lievito.
  • Bock e birre forti tedesche: Bock, Doppelbock, Eisbock (lager scure o ambrate molto maltate e alcoliche).
  • Birre acide belghe: Lambic, Gueuze, Kriek (fermentazione spontanea) e Flanders Red Ale (fermentazione mista). Hanno sapore acidulo, simile al sidro o al vino.
  • Birre americane moderne: American IPA, American Pale Ale (APA), Imperial Stout, ecc., che reinterpretano stili europei con luppoli locali e creatività, cuore del movimento craft beer.

Elencare tutti gli stili esistenti è impossibile qui (ce ne sono centinaia, in continua evoluzione). Ogni stile fornisce indicazioni su ricetta, sapore e aspetto di una birra. Conoscere gli stili permette di capire subito, ad esempio, che aspettarsi da una “Belgian Tripel” rispetto a una “American Amber Ale”. Per un neofita, può essere utile partire dalle macro-categorie (lager, ale, wheat, stout, ecc.) e poi approfondire gradualmente i singoli stili al loro interno.

Altre categorie di classificazione

Oltre ai criteri principali sopra descritti, le birre a volte vengono distinte anche in base ad altri fattori:

  • Birra artigianale vs industriale: Non è una differenza di stile, ma di metodo produttivo e scala. Una birra artigianale è prodotta da microbirrifici con metodi tradizionali e senza pastorizzazione o microfiltrazione spinta, in lotti piccoli; una birra industriale è prodotta in grandi volumi, spesso pastorizzata e pensata per lunga conservazione e gusto standardizzato.
  • Filtrata vs non filtrata: Molte birre artigianali sono non filtrate (restano opalescenti o velate perché non vengono chiarificate completamente, preservando aromi e lieviti in sospensione). Le birre filtrate appaiono limpide e brillanti, avendo subito filtrazione per rimuovere lieviti e proteine. La filtrazione incide sull’aspetto e leggermente sul corpo e gusto.
  • Pastorizzata vs cruda: La pastorizzazione è un trattamento termico per stabilizzare la birra. Le birre crude (non pastorizzate) mantengono più vivi gli aromi ma sono più delicate nella conservazione. Molte birre artigianali sono crude, mentre quasi tutte quelle industriali sono pastorizzate per durare a lungo sugli scaffali.
  • Ingredienti particolari: Alcune birre si classificano in base a ingredienti distintivi: es. birre gluten-free (senza glutine), birre alla frutta, birre alle spezie, birre affumicate (con malto affumicato), ecc. Queste categorie trasversali aiutano a individuare birre adatte a esigenze o gusti specifici (ad esempio, un celiaco cercherà birre senza glutine).

In conclusione, non esiste un unico modo assoluto di dividere le birre: dipende dallo scopo della classificazione. I criteri tecnici (fermentazione, stile) sono i più utilizzati dai mastri birrai e nei concorsi, mentre i criteri descrittivi (colore, gradazione) aiutano i consumatori a orientarsi rapidamente. Familiarizzando con queste categorie, chiunque può navigare nel ricco panorama birrario e scegliere con consapevolezza la prossima pinta da assaggiare!

Domande frequenti

Qual è la principale distinzione tra le birre?

La suddivisione fondamentale è per tipo di fermentazione: le birre a bassa fermentazione (lager), le birre ad alta fermentazione (ale) e quelle a fermentazione spontanea (come le Lambic belghe). Questa distinzione dipende dal lievito e dalla temperatura di fermentazione ed è la base tecnica per classificare tutte le birre. All’interno di ciascuna categoria di fermentazione esistono poi moltissimi stili diversi.

Cosa significa birra doppio malto?

“Doppio malto” è una definizione legislativa italiana che indica birre con estratto originale superiore a 14,5° Plato (circa oltre 6% alcol). Non corrisponde a uno stile specifico. In pratica è una categoria fiscale per le birre più forti. Molte birre speciali, artigianali o ad alta gradazione rientrano come “doppio malto”, indipendentemente dal loro stile (può essere una IPA, una Bock, una Tripel, ecc.). Il termine trae origine dall’antica usanza di usare più malto per ottenere birre più alcoliche, ma oggi va inteso solo come indicatore di gradazione elevata.

Quanti stili di birra esistono?

Esistono decine di stili principali di birra e un numero elevatissimo di sottostili. Organizzazioni internazionali come il BJCP catalogano oltre 100 stili distinti, dai classici storici (Pilsner, Stout, Saison, etc.) agli stili moderni (IPA nelle sue varianti, birre alla frutta, ecc.). La lista è in continua evoluzione man mano che nascono nuove interpretazioni. In generale, ogni regione birraria tradizionale (Germania, Belgio, Regno Unito, USA, ecc.) ha le proprie famiglie di stili. Imparare a conoscere gli stili richiede tempo, ma permette di apprezzare a fondo la diversità del mondo birrario.

3 commenti

  1. Grazie per questa guida! Finalmente ho capito la differenza tra ale e lager. Molto utile per chi è alle prime armi come me.

  2. Articolo super chiaro! Non avevo mai considerato la fermentazione spontanea, ora voglio provare una Lambic!

  3. Mi piace come avete spiegato i colori e gli stili, ora so cosa cercare quando ordino una birra al pub!

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