Le IPA italiane sono tra le birre artigianali più amate e diffuse nel nostro Paese. Negli ultimi anni i birrifici artigianali italiani hanno creato IPA di altissimo livello, tanto da guadagnare riconoscimenti in competizioni internazionali e conquistare i palati dei beer lover più esigenti. In questa classifica autorevole elenchiamo le 10 migliori IPA italiane del momento, con descrizioni dettagliate e motivazioni. Ogni IPA sarà accompagnata da note sul birrificio, sullo stile specifico (West Coast, New England, Double IPA, ecc.) e sulle caratteristiche organolettiche che la rendono speciale. Se sei un appassionato di luppolo, questa lista ti guiderà alla scoperta delle eccellenze IPA made in Italy, frutto della creatività e della competenza dei nostri mastri birrai.
Criteri della classifica IPA italiane
Prima di tuffarci nella classifica delle IPA italiane è importante spiegare con quali criteri abbiamo stilato questa top 10. Le India Pale Ale sul mercato sono numerosissime, e ogni appassionato potrebbe avere le proprie preferite. Per garantire obiettività e autorevolezza, ci siamo basati su diversi fattori combinati:
Riconoscimenti in concorsi e guide: Abbiamo tenuto conto dei premi vinti dalle IPA italiane nei concorsi birrari (Birra dell’Anno, European Beer Star, World Beer Cup) negli ultimi 2-3 anni. Un’IPA pluripremiata ha sicuramente qualità riconosciute a livello professionale. Allo stesso modo, citazioni in guide come Slow Food o top list di riviste specializzate hanno pesato nella scelta.
Costanza qualitativa: Non basta fare un batch eccezionale, le birre in classifica mantengono standard elevati nel tempo. Abbiamo privilegiato IPA che, anno dopo anno, confermano il proprio livello e la fiducia dei consumatori. Questo esclude tendenzialmente one-shot o birre sperimentali molto altalenanti, a favore di etichette consolidate.
Reperibilità e impatto sul mercato: Le migliori IPA italiane spesso hanno anche un certo impatto sul mercato artigianale. Non significa siano industriali, ma che abbiano una diffusione e influenza: ad esempio birre che hanno fatto scuola ispirando altri birrai, o che sono diventate riferimento tra gli appassionati. Anche la reperibilità (non estrema rarità) è stata considerata: vogliamo elencare birre che gli appassionati possano effettivamente assaggiare, non unicorni introvabili.
Innovazione e peculiarità: Alcune IPA sono entrate in classifica per il loro carattere innovativo. Ad esempio l’uso di ingredienti particolari, l’aver introdotto in Italia un nuovo sottostile (es. le NEIPA, le Brut IPA) con grande successo, oppure avere una “firma” unica del birraio. Valorizziamo dunque birre che oltre ad essere buone portano avanti la scena birraria.
Giudizio degustativo (aroma, gusto, equilibrio): Ovviamente abbiamo degustato e valutato in prima persona o attraverso panel di esperti ciascuna birra candidata. Un’IPA di alto livello deve presentare profilo aromatico intenso e gradevole, palato pulito con amaro ben profilato e finale armonico. Le birre della top 10 eccellono organoletticamente, ciascuna nel proprio sottostile.
È importante notare che abbiamo cercato di rappresentare la diversità: in classifica troverete IPA di vari stili (West Coast, New England, Double IPA, Session IPA, Black IPA etc.) in modo da rendere omaggio alla ricchezza dell’offerta italiana. Non resta che iniziare la rassegna delle migliori IPA italiane!
Top 10 IPA italiane
Di seguito la nostra classifica delle 10 migliori IPA italiane, elencate dal numero 1 al numero 10. Ogni posizione include nome della birra, birrificio, stile di IPA e motivazione/descrizione.
- Make West Coast IPA Great Again – Ritual Lab (Lazio)
Stile: West Coast IPA – 6,5% ABV
In vetta troviamo quella che è stata definita la migliore IPA italiana del 2025, vincitrice di medaglia d’oro come American IPA a Birra dell’Anno. Prodotta dal birrificio laziale Ritual Lab, “Make West Coast IPA Great Again” è un tributo alle IPA classiche della costa ovest americana. Nel bicchiere si presenta di un bell’ambrato chiaro limpido. Sprigiona aromi netti di pompelmo rosa, resina di pino e un tocco tropicale (frutto della passione, mango) dati dalla luppolatura massiccia di varietà come Simcoe, Mosaic e Chinook. Il corpo è medio-leggero, la bevuta scorrevole. Al palato l’amaro è deciso e tagliente ma mai sgraziato, con note agrumate persistenti e un finale molto secco e pulito. Questa birra ha riportato in auge in Italia lo stile West Coast puro in un momento in cui dominavano le NEIPA, ricordando a tutti quanto può essere soddisfacente un’IPA “vecchia scuola” fatta alla perfezione. Ritual Lab conferma il suo status di birrificio di eccellenza nelle birre luppolate: equilibrio, potenza aromatica e drinkability da manuale. Imperdibile per ogni amante delle IPA. - 2025 Fk Industrial Beer – CR/AK Brewery (Veneto)
Stile: Double IPA (Imperial IPA) – 8,5% ABV
Dal celebre birrificio veneto CR/AK, ecco una Double IPA il cui nome provocatorio (“Fk Industrial Beer”) dichiara già intenti e attitudine punk del produttore. Vincitrice come miglior Imperial IPA nell’edizione 2025 di Birra dell’Anno, questa birra incarna la potenza senza compromessi. Di colore dorato carico leggermente velato, sviluppa un bouquet aromatico di incredibile intensità: agrumi canditi, ananas maturo, resina e un accenno dank (quasi di cannabis, tipico di alcuni luppoli americani). Ciò grazie a un blend di luppoli moderni (Citra, Galaxy, Idaho7 tra gli altri) usati sia in bollitura che in multiple sessioni di dry-hopping. In bocca mostra corpo pieno e morbido, con una base maltata di lieve caramello che supporta ma non intralcia luppolo e alcool. L’amaro infatti arriva dopo un attacco dolce-fruttato, crescendo ma restando avvolto nella componente resinosa-aromatica. Il tenore alcolico di 8,5% è ben mascherato dai succhi tropicali e dal calore lupolato. CR/AK con questa birra dimostra la propria maestria: è enorme ma comunque bilanciata, esplosiva ma pulita. Una double IPA di caratura internazionale che fa impallidire molte rivali estere, simbolo della creatività e audacia dei birrai italiani contemporanei. - How Much Hops Is Too Much Hops! – 50&50 (Lazio)
Stile: New England IPA (Hazy IPA) – 6,8% ABV
Salita alla ribalta con i concorsi recenti, questa NEIPA del birrificio 50&50 di Roma ha vinto il primo posto come miglior New England IPA dell’anno, contribuendo a far eleggere 50&50 Birrificio dell’Anno 2025. Dal nome scherzoso (“Quanto luppolo è troppo luppolo!”) si intuisce subito la filosofia: spingere l’hopping ai limiti. La birra è di un colore aranciato carico, completamente opalescente (juicy). Il naso è un’esplosione di frutta tropicale e agrumi dolci: mango, papaia, arancia, pesca sciroppata, con venature di cocco e vaniglia portate dal lievito. Questo bouquet deriva da un uso sapiente di luppoli ricchissimi di oli (come Galaxy, Nelson Sauvin e Sabro) in late e dry-hop, in sinergia con un lievito NEIPA che esalta le note fruttate (tipo London Ale III). Al sorso la sensazione è morbida e avvolgente, quasi vellutata grazie all’avena e frumento non maltato in ricetta. L’amaro è sorprendentemente moderato: c’è ma rimane sullo sfondo (circa 40 IBU percepiti), permettendo al succo di frutta di dominare. Nonostante il potenziale eccesso di luppolo annunciato dal nome, la birra risulta assolutamente godibile e “pericolosamente” facile da bere. Questa NEIPA dimostra che i birrai italiani hanno pienamente compreso e fatto proprio lo stile haze: How Much Hops potrebbe tranquillamente figurare tra le migliori NEIPA americane. Un capolavoro moderno che bilancia tecnica, ingredienti top e un pizzico di ironia. - Pasta con Tonno – Birrificio Legnone (Lombardia)
Stile: English IPA – 5,8% ABV
Con un nome insolito e divertente (“Pasta con tonno”), questa IPA prodotta dal piccolo Birrificio Legnone in Valtellina ha sorpreso tutti aggiudicandosi il primo posto come miglior English IPA al concorso Birra dell’Anno 2025. È una interpretazione italiana di una IPA in stile inglese, dunque meno estrema ma molto elegante. Nel bicchiere è ambrata con riflessi ramati, limpida, schiuma fine e aderente. Al naso sprigiona aromi di marmellata di agrumi, pesca e un leggero floreale-terroso, derivanti dai tradizionali luppoli UK (East Kent Goldings e Fuggles) integrati però con un tocco di luppoli americani per dare brio (si avverte un po’ di pompelmo). In bocca ha corpo medio, ingresso maltato di biscotto e caramello chiaro, quindi un amaro progressivo ma gentile, mai pungente. Il finale è equilibrato: note di tè e agrume, con secchezza moderata. Nel complesso risulta molto armonica e beverina, quasi da bere in pinta come in un pub britannico, eppure con quella pulizia e finezza tipica dei birrifici artigianali italiani. Birrificio Legnone può essere poco noto al grande pubblico, ma con questa birra dimostra che anche un microbirrificio di montagna può primeggiare in uno stile classico grazie a passione e competenza. Pasta con Tonno è la prova che non tutte le IPA devono essere cariche di esuberanza: a volte vince la bevibilità e l’equilibrio old-style. - Jungle Fever – Jungle Juice Brewing (Lazio)
Stile: Black IPA – 7% ABV
A metà classifica troviamo una birra che rappresenta uno stile di nicchia ma molto amato dagli intenditori: la Black IPA Jungle Fever, del birrificio romano Jungle Juice. Questa birra ha vinto premi come miglior “IPA scura” in concorsi nazionali, e si è guadagnata la fama di essere una delle migliori Black IPA europee. Si presenta con colore ebano scurissimo e schiuma beige fine. All’olfatto è intrigante: le note di luppolo (pino, pompelmo e mango da luppoli Cascade, Columbus e Mosaic) si fondono con quelle tostate del malto (cacao amaro, caffè d’orzo). Ogni sniffata rivela sfumature diverse, in un gioco tra il tostato e il fresco/resinoso. In bocca il corpo è medio, sorprendentemente scorrevole per una birra così scura. L’attacco offre un accenno di cioccolato fondente e liquirizia, ma subito arrivano le zampate del luppolo con resina e agrume. L’amaro è pronunciato ma ben integrato col tostato, tanto che il finale secco lascia un mix di caffè e agrumeto persistente ma piacevole. Mantenere l’equilibrio in una Black IPA è arduo (spesso risultano sbilanciate su uno dei due fronti), ma Jungle Juice ci riesce egregiamente: Jungle Fever è intensa e al contempo armoniosa. Una birra che dimostra la maturità dei birrai italiani anche in stili sperimentali: capace di soddisfare il luppolo-addicted più incallito e insieme il fan delle stout, offrendo il meglio di entrambi i mondi. - Primavera – PicoBrew (Lombardia)
Stile: Specialty IPA (Rye IPA) – 6,3% ABV
Al sesto posto inseriamo una birra peculiare: Primavera del brewfirm PicoBrew (Brianza). Ha trionfato come migliore Specialty IPA ai concorsi 2025, in particolare essendo una Rye IPA (IPA segale) con aggiunta di scorza d’arancia amara. Di colore ambrato-aranciato e leggermente velato, questa birra sprigiona profumi complessi: agrumi (arancia amara, mandarino) in primo piano, poi note speziate e rustiche date dalla segale (ricordano pepe e pane nero). Si percepisce anche un bouquet floreale ed erbaceo dai luppoli europei emergenti impiegati. Al palato è molto caratteristica: il malto di segale conferisce corpo pieno e una punta piccante, mentre l’amaro si sviluppa lentamente per poi asciugare la dolcezza residua. Il retrogusto unisce un amaro zesty di scorza d’agrumi con la secchezza cerealicola. Primavera è una ventata di novità nel panorama IPA italiano, che solitamente vede più protagoniste le classiche APA/IPA. PicoBrew dimostra che c’è spazio per l’innovazione intelligente: usando un cereale antico come la segale e ingredienti naturali come le arance, creano un’IPA diversa da tutte, ma riuscitissima. Questa birra merita di essere nella top 10 per la sua originalità e per l’eccellente bilanciamento tra tradizione birraria (segale, luppoli continentali) e creatività. Un assaggio obbligato per chi cerca qualcosa di fuori dal coro. - Spaceman – Brewfist (Lombardia)
Stile: American IPA (West Coast) – 7,0% ABV
Spaceman non ha quasi bisogno di presentazioni: è una delle prime IPA italiane ad aver raggiunto la notorietà internazionale, e ancora oggi rimane un punto di riferimento assoluto. Prodotta dal Birrificio Brewfist sin dal 2011, ha vinto in passato premi e continua a essere considerata un’icona tra le West Coast IPA italiane. Colore dorato carico, limpida, Spaceman offre al naso un deciso aroma agrumato-resinoso (pompelmo, pino, un tocco tropicale) grazie a una luppolatura robusta con varietà americane classiche (Cascade, Columbus, Centennial e simili). In bocca colpisce per la pulizia: corpo snello, ingresso maltato appena sufficiente e poi largo spazio all’amaro assertivo e alle note citriche. Il finale è secco, lunghissimo, con persistenti note di scorza di pompelmo. Ciò che la rende speciale è l’equilibrio impeccabile: pur essendo molto amara (circa 70 IBU), non gratta né stanca il palato, invogliando anzi a un altro sorso. Brewfist, con Spaceman, ha di fatto aperto la strada alle IPA artigianali in Italia e ispirato decine di birrifici. Oggi, dopo più di un decennio, Spaceman si difende benissimo tra le tante IPA moderne, risultando quasi “timeless”. L’abbiamo inserita in classifica non solo per meriti storici, ma perché è tuttora una birra eccezionale che regala soddisfazioni ad ogni bevuta. Se si vuole capire cos’è una vera IPA italiana di qualità, Spaceman è un passaggio obbligato. - Zona Cesarini – Toccalmatto (Emilia-Romagna)
Stile: Pacific IPA – 6,6% ABV
Un’altra birra leggendaria: Zona Cesarini del Birrificio Toccalmatto (ora incorporato in Ca’ del Brado) è stata per anni sinonimo di innovazione nel luppolo. Viene definita Pacific IPA in quanto fu una delle prime (nel 2010) a usare intensivamente luppoli giapponesi e neozelandesi, portando sentori esotici all’epoca inediti in Italia. Colore dorato chiaro leggermente velato, Zona Cesarini offre un profilo aromatico affascinante: frutto della passione, litchi, agrumi verdi e un sottofondo di tè e spezie floreali. Ciò grazie a luppoli come Sorachi Ace (giapponese, note di cocco e limone), Motueka e Nelson Sauvin (neozelandesi). Al palato è scattante e pungente: corpo leggero, carbonazione vivace, immediata esplosione fruttata seguita da un amaro netto ma fine, con un curioso retrogusto quasi erbaceo-mentolato dal Sorachi Ace. È una birra che all’epoca divideva per il suo gusto inconsueto, ma che ha conquistato tantissimi appassionati. Anche oggi, con la disponibilità di tanti nuovi luppoli, Zona Cesarini resta unica nel suo genere e mantiene alta la bandiera dell’eccellenza. Toccalmatto con questa IPA ha gettato le basi dell’attuale trend di sperimentazione sui luppoli esotici. La includiamo al #8 come tributo alla sua importanza storica e per la qualità intrinseca: in blind tasting sorprende sempre per complessità e piacevolezza. Una birra che ogni amante delle IPA dovrebbe provare almeno una volta, per capire quante sfumature può avere il luppolo. - ReAle Extra – Birra del Borgo (Lazio)
Stile: American Pale Ale / IPA – 6,2% ABV
Scendendo verso la fine, non potevamo non citare ReAle Extra del Birrificio Birra del Borgo. Sebbene Birra del Borgo oggi sia di proprietà industriale (dal 2016), questa birra rimane nel cuore di molti e ha segnato la storia delle IPA italiane. Versione “Extra luppolata” della ReAle originaria, è sostanzialmente una IPA da 6,2% con luppoli americani e neozelandesi. Colore aranciato intenso, leggermente velato, ReAle Extra sprigiona profumi agrumati (arancia, pompelmo) e di frutta esotica (maracuja) con una nota erbacea. Al sorso rivela ancora un DNA quasi british nella base maltata (un tocco di toffee), ma l’amaro e i sapori sono decisamente americani. Il finale è secco, con persistente amaricatura agrumata. Negli anni d’oro di Birra del Borgo, questa birra ha vinto premi e conquistato tantissimi consumatori, essendo una delle prime IPA distribuite ampiamente anche fuori dal circuito beergeek. Oggi, pur non essendo più “artigianale” secondo la legge (per via dell’acquisizione), conserva una ricetta valida ed è facilmente reperibile, risultando spesso la “prima IPA” assaggiata da chi si avvicina al craft. La includiamo in decima posizione per il suo contributo storico e perché rimane una IPA piacevolissima, bilanciata, capace di soddisfare tanto il neofita quanto il hophead navigato. Un sorso di ReAle Extra è un pezzo di storia della birra artigianale italiana. - Holy Haze – Hilltop Brewery (Lazio)
Stile: New England IPA – 6,5% ABV
A chiudere la top 10, inseriamo un’altra NEIPA di spessore: Holy Haze del birrificio laziale Hilltop. Questa birra si è distinta arrivando seconda nella categoria NEIPA a Birra dell’Anno dietro a 50&50, dimostrando la competitività dei birrifici laziali nello stile hazy. Holy Haze è di colore giallo pallido velato, con aspetto juicy invitante. L’aroma è un tripudio di frutta tropicale (ananas, mango, papaya) e agrumi dolci, con anche sentori di caramella alla pesca. In bocca è morbida, grazie all’avena e a un mash progettato per lasciare mouthfeel rotondo. Il gusto segue l’olfatto, dominato dal fruttato succoso, e l’amaro è tenue, appena 30-35 IBU percepiti, quel tanto che basta per bilanciare il finale. Ciò che colpisce di Holy Haze è la “pulizia”: molte NEIPA peccano di eccesso di dolcezza o di sentori vegetali, invece questa risulta nitida nei suoi sapori, segno di grande perizia tecnica. Hilltop è un birrificio giovane ma già pluripremiato (Birrificio dell’Anno 2022), e Holy Haze ne incarna la filosofia: immediatezza di bevuta unita a qualità elevata. L’abbiamo scelta per completare la classifica perché rappresenta la nuova generazione di IPA italiane, in particolare NEIPA, che nulla hanno da invidiare alle controparti estere. Un’ottima birra da provare per chi vuole esplorare la dimensione più “moderna” e juicy delle IPA di casa nostra.
IPA italiane degne di menzione
La lista sopra copre dieci eccellenze, ma tante altre IPA meriterebbero spazio. In breve menzioniamo alcune birre che non rientrano in top 10 ma restano altamente consigliate:
- Tipopils – Birrificio Italiano: Tecnicamente è una pilsner, ma la menzioniamo perché fu forse la prima birra italiana a elevare il luppolo aromatico (anche se europeo) e aprire la strada alle birre luppolate. Pietra miliare.
- Ghisa – Birrificio Lambrate: Una Smoked Stout luppolata spesso considerata quasi una Black IPA affumicata. Intensa e buonissima, vincitrice di premi mondiali.
- Italian Job – Birra dell’Eremo/Ritual Lab: Collaborazione tra due top brewery, una IPA moderna con luppoli neozelandesi, molto apprezzata.
- Quarantot – Birrificio Lambrate: Storica IPA milanese, in stile più British, sempre ben eseguita e amata nei pub di Lambrate.
- Duvel IPA – Baladin: Ultimo esperimento Baladin in campo IPA, non ancora iconica ma interessante per vedere un produttore storico cimentarsi col luppolo spinto.
- Giant Step – CR/AK: NEIPA triple dry-hopped che ha fatto parlare di sé, per alcuni la NEIPA italiana definitiva (ci saremmo dilungati troppo includendola, ma merita un assaggio).
- Lilith – Birrificio Pontino: APA laziale pluripremiata qualche anno fa, di grande bevibilità e aroma agrumato (tuttora ottima).
- Noscia – Eastside: IPA di Eastside (Latina) con uso di grani antichi laziali, ottimo esempio di territorialità applicata allo stile.
Come si vede, l’elenco potrebbe continuare: dal Nord al Sud Italia, tanti birrifici producono IPA di qualità eccelsa. Ognuno può stilare la propria classifica personale in base ai gusti; la nostra offre uno spaccato delle diverse anime delle IPA italiane.
Come si distinguono le IPA italiane
Una domanda che sorge spontanea è: c’è qualcosa di particolare nelle IPA italiane rispetto a quelle di altre nazioni? Possiamo individuare alcune peculiarità:
Creatività e contaminazioni: i birrai italiani non temono di “contaminare” lo stile con tocchi personali (es. segale, frutta, spezie, tecniche nuove). Questa vena creativa ha portato a IPA fuori dagli schemi come quelle citate (Primavera con segale, Zona Cesarini con luppoli giapponesi, etc.).
Equilibrio e bevibilità: sarà la tradizione gastronomica, ma in Italia tendiamo a privilegiare l’equilibrio. Anche le IPA più amare spesso mantengono un certo bilanciamento (difficilmente si trovano quelle palate-wrecker iper resinose sbilanciate che magari in USA vanno di moda).
Uso di ingredienti locali: alcuni produttori incorporano elementi italiani – come miele, scorze di agrumi nostrani, varietà autoctone di luppolo (esistono progetti di luppolo italiano) – conferendo un tocco di territorio alle IPA.
Formati e packaging curati: i birrifici italiani investono molto su grafica e packaging, con lattine artistiche, nomi fantasiosi (vedi “Pasta con tonno” o “Via Emilia” per una pils). Questo rende le nostre IPA riconoscibili e accattivanti anche sugli scaffali internazionali.
Adattamento al gusto italiano: pur restando fedeli agli stili, spesso le IPA vengono pensate per il consumo nel contesto italiano. Ad esempio molte si abbinano bene al cibo (pizza, salumi) e non esagerano con l’amaro secco che stonerebbe col nostro palato mediterraneo. Non è una regola assoluta, ma si può notare un certo fine tuning.
In sostanza, le IPA italiane sono figlie della scuola anglosassone e americana, ma le migliori portano con sé un’impronta tutta nostra – di eleganza, creatività e legame col territorio. Questa identità si sta consolidando e fa sì che oggi l’Italia venga presa sul serio nel panorama delle birre luppolate, quando fino a 15 anni fa eravamo completamente assenti in materia.
Conclusione
La classifica delle IPA italiane che abbiamo presentato testimonia la straordinaria crescita qualitativa e quantitativa di queste birre nel nostro Paese. Siamo passati in rassegna capolavori come “Make West Coast IPA Great Again” di Ritual Lab, che conferma come un birrificio nostrano possa primeggiare in purezza stilistica, e innovazioni audaci come “Primavera” di PicoBrew, segno di creatività e voglia di sperimentare. Abbiamo reso omaggio a pietre miliari quali Spaceman e Zona Cesarini, veri apripista del genere IPA in Italia, e celebrato nuove stelle nascenti come le NEIPA di 50&50 e Hilltop che dimostrano una padronanza tecnica encomiabile. Cosa ci dice tutto ciò? Che l’Italia della birra artigianale ha fatto proprie le IPA – da quelle classiche a quelle di ultima generazione – portandole a un livello di eccellenza. Oggi possiamo bere IPA italiane paragonabili, se non superiori, a tante blasonate IPA americane o nordeuropee. E soprattutto possiamo vantarne una varietà impressionante: qualunque siano le preferenze di un appassionato (amarissimo e secco? morbido e succoso? scuro e tostato? speziato e diverso?), esiste un’IPA made in Italy pronta a soddisfarlo. Questa classifica, pur nei limiti di una selezione, vuole essere un invito al lettore: assaggia queste birre se non l’hai ancora fatto. Scoprirai un mondo di profumi e sapori, frutto del lavoro di birrai appassionati ed esperti. Inoltre, non fermarti alla top 10: la bellezza della birra artigianale è nella continua scoperta. Ogni anno escono nuove IPA, nascono nuovi birrifici o edizioni speciali che potrebbero scalare le classifiche future. In conclusione, lo scenario delle IPA italiane nel 2025 è entusiasmante e in costante evoluzione. Che tu sia un hophead navigato in cerca della prossima “bomba” luppolata, o un curioso neofita che vuole capire di cosa si parla quando si loda un’IPA, l’Italia offre una gamma di birre pronta a stupirti. Non resta che armarsi di pinta (o Teku) e cominciare la degustazione. Buon viaggio tra le India Pale Ale italiane e, come sempre, buona birra! 🍻 (Per ulteriori approfondimenti sul mondo delle IPA e la loro storia, suggeriamo di consultare la voce Wikipedia dedicata alle India Pale Ale oppure articoli di Cronache di Birra e altre testate specializzate. Approfondire la teoria renderà ancora più interessante la pratica… della bevuta!)
tl;dr
Le 10 migliori IPA italiane del 2025: 1. Make West Coast IPA Great Again (Ritual Lab, West Coast); 2. 2025 Fk Industrial Beer (CR/AK, Double); 3. How Much Hops Is Too Much Hops! (50&50, NEIPA); 4. Pasta con Tonno (Legnone, English); 5. Jungle Fever (Jungle Juice, Black); 6. Primavera (PicoBrew, Rye); 7. Spaceman (Brewfist, West Coast); 8. Zona Cesarini (Toccalmatto, Pacific); 9. ReAle Extra (Birra del Borgo, APA/IPA); 10. Holy Haze (Hilltop, NEIPA). Eccellenza, varietà e creatività made in Italy.

Grande classifica! Ho provato la Make West Coast di Ritual Lab e concordo, è un capolavoro. Grazie per i suggerimenti, ne proverò altre dalla lista.
@Marco R., sì, Ritual Lab spacca! Io aggiungo che la Holy Haze di Hilltop è sottovalutata, super juicy. Qualcuno ha provato la Pasta con Tonno? Sembra strana col nome ma curiosa.
Classifica ben fatta, ma mi aspettavo Spaceman più in alto, è un classico! Comunque complimenti, articolo completo.
Per me la 2025 Fk di CR/AK è da podio, potentissima. Qual è la vostra preferita per abbinare alla pizza? Io dico la Primavera con la segale. Sito CR/AK per info.
Non capisco perché ReAle Extra sia in classifica, visto che Birra del Borgo non è più craft. Altrimenti ok, belle birre.