Il tema fiscale è al centro delle attenzioni di Assobirra, l’associazione industriale delle aziende italiane della birra. In vista della prossima Legge di Bilancio (manovra economica nazionale per il 2026), Assobirra ha rinnovato ufficialmente la richiesta al Governo italiano di ridurre le accise sulla birra di 2 centesimi, riportandole da 2,99 a 2,97 euro per ettolitro per grado Plato[20]. Sebbene sia una cifra apparentemente minima, questo sconto di due centesimi per grado Plato (circa 4,7 milioni di euro all’anno) è visto da Assobirra come un investimento fondamentale per dare nuovo slancio al settore. L’argomento è di grande rilevanza in quanto le accise rappresentano oggi un’importante voce di costo nella filiera birraria italiana[21].
In questo articolo analizzeremo il contesto della richiesta, i numeri economici del settore birrario, gli effetti dell’aumento delle tasse sugli andamenti di mercato e le proposte normative avanzate. Ci concentreremo sui dati dell’industria (fatturato, occupazione, export), sulle considerazioni di Assobirra e delle istituzioni, e su cosa significhi concretamente per consumatori e produttori una modifica delle accise. Inoltre, forniremo spunti sulla storia recente della fiscalità birraria in Europa e su come le politiche fiscali possano influenzare la competitività delle aziende italiane.
In questo post
- Contesto: l’importanza delle accise nel prezzo della birra: accise come voce di costo[21]
- Richiesta di Assobirra per la manovra 2026: cosa propone Assobirra e perché[20][22]
- Numeri del settore birrario italiano: fatturato, occupazione e trend negativi[23][24]
- Effetti dell’aumento delle accise: dati di import-export, quote di prezzo[24][21]
- Possibili misure e sconti per artigiani: aliquote agevolate per microbirrifici[21]
- Conclusioni e scenario futuro: prospettive della manovra e progetti del settore
Contesto: l’importanza delle accise nel prezzo della birra
Le accise sono imposte indirette applicate alla produzione e vendita di beni come alcolici, tabacco e carburanti. In Italia la normativa vigente calcola l’accisa sulla birra in base al contenuto alcolico (grado Plato) e al volume prodotto[21]. Attualmente l’aliquota base è di 2,99 € per ettolitro per grado Plato (con riduzioni per chi produce fino a 10.000 hl annui)[21]. A titolo di esempio, una birra standard al 5% vol paga un’accisa significativa che incide sul prezzo finale: «Le accise rappresentano una voce di costo significativa per i birrifici», sottolinea un’analisi sui costi di produzione[21]. Tradotto in cifre, per una birra da 33 cl al 5% la sola accisa può pesare fino al 25-30% del prezzo finito.
È quindi evidente che le accise abbiano un effetto moltiplicatore: incidono direttamente sul prezzo alla produzione e, di conseguenza, anche su quello al consumo. L’IVA (22%) si calcola sul prezzo lordo, inclusivo delle accise, amplificando l’impatto fiscale. Per i consumatori ciò significa pagare di più non solo per la qualità degli ingredienti, ma anche a causa del peso di questa imposta.
A livello europeo, l’Italia applica mediamente aliquote molto più alte di paesi competitor (in alcuni casi fino a 4 volte quelle italiane[25]). Non sorprende quindi che un recente report di AssoBirra evidenzi una correlazione inversa tra il rialzo delle accise e la competitività delle birre italiane: da gennaio 2023, dopo due aumenti consecutivi delle accise, si è verificato un calo della produzione nazionale del 5% e dei consumi intorno al 5,8%[26]. Parallelamente, sono aumentate le importazioni, soprattutto da paesi con tassazione molto più bassa (come Germania, Olanda, Regno Unito)[25][27].
In sintesi, per i produttori artigianali e industriali italiani le accise rappresentano un costo strutturale elevato. Come spiegato nella nostra guida ai costi della birra, gli oneri fiscali possono arrivare a formare fino al 40% del prezzo finale nei formati più popolari[24]. Questo si ripercuote su tutto il settore, dai birrifici agli esercenti, e modifica radicalmente il mercato interno.
Richiesta di Assobirra per la manovra 2026
In questo contesto Assobirra ha rivolto un appello alle istituzioni: ridurre di due centesimi l’accisa sulla birra (da 2,99 a 2,97 € per hl/Plato)[20]. Il presidente di Assobirra Federico Sannella motiva la richiesta come segue: anche una piccola aliquota più bassa equivale a circa 4,7 milioni di euro di minori entrate stimate per lo Stato, una cifra “contenuta ma strategica per sostenere un settore che genera ricchezza e occupazione”[22]. In pratica, si tratta di ripristinare il livello di tassazione precedente agli ultimi aumenti (gennaio 2023 e gennaio 2024), quando l’accisa era a 2,97 €[28][20].
Assobirra sottolinea che senza queste misure il comparto birrario subisce una contrazione, non solo nei consumi ma anche negli investimenti. Sannella ha dichiarato che «ridurre le accise non significa solo alleggerire un’imposta regressiva, ma restituire slancio a investimenti, occupazione e innovazione»[24]. Tra il 2017 e il 2022, ricorda Assobirra, le precedenti riduzioni di aliquota avevano portato risultati concreti: +10% nei consumi interni e +11% nella produzione nazionale. Ora è in gioco l’andamento complessivo del mercato: l’aumento della tassazione di 20 milioni di euro nel solo 2024 è coinciso con un -1,5% dei consumi e un -7,8% dell’export[29]. Con meno accise, si punta a invertire questa tendenza negativa, favorendo la competitività delle birre italiane anche all’estero.
Sul fronte normativo, la richiesta di Assobirra è stata presentata nel ciclo delle audizioni parlamentari sulla Legge di Bilancio 2026. In Commissione Agricoltura alla Camera (nota come Commissione Terzo Polo) alcuni partiti hanno espresso parere favorevole ad attenuare l’accisa[30][31]. Non si tratta di una richiesta isolata: il settore chiede anche di ripristinare gli sconti fiscali per i piccoli birrifici (aliquota ridotta al 40% per chi produce meno di 10.000 hl)[32][24]. Infatti, le aliquote agevolate per microbirrifici italiani – presenti nella legge attuale – tutelano imprese di piccole dimensioni ma devono essere confermate o potenziate.
Nel contesto della manovra, Assobirra invita dunque i legislatori a destinare i risparmi necessari (circa 6,9 milioni annui) per rendere stabile questa riduzione dell’accisa. L’obiettivo dichiarato è offrire maggiore certezza agli investitori nel settore brassicolo nazionale, evitando misure temporanee. Un modo concreto per supportare l’industria della birra e tutta la filiera agricola collegata (che utilizza orzo, luppolo e altri cereali italiani)[28][22].
Numeri del settore birrario italiano
Per capire perché Assobirra punti su questo tema, è utile ricordare la dimensione economica della filiera birra in Italia. L’associazione sottolinea che il settore genera circa 10,4 miliardi di euro di valore condiviso (somma di produzione e altri effetti economici) ed occupa 112.000 persone direttamente[22]. Ogni addetto alla produzione birra crea mediamente 31 posti di lavoro ulteriori lungo la filiera (agricoltura, logistica, Horeca, ecc.)[22]. In dieci anni la birra ha prodotto oltre 92 miliardi di euro di ricchezza accumulata, compresi gli investimenti sul territorio, e contribuisce con circa 4 miliardi di euro all’anno in entrate fiscali (tra Iva e accise)[22]. Questi dati confermano che il comparto birra è un asset strategico del Made in Italy agroalimentare e merita considerazione nelle scelte politiche.
Purtroppo, gli ultimi due anni economici hanno segnato un rallentamento di tutti i principali indicatori birrari: dopo la fase espansiva del post-pandemia, la produzione nazionale 2023 è scesa a 17,4 milioni di ettolitri (-5,0% vs 2022) e i consumi interni a 21,2 milioni di ettolitri (-5,85% vs 2022)[26]. L’export ha retto meglio ma comunque ha registrato un calo, principalmente nelle birre in bottiglia. Se l’aumento delle accise (+20 milioni di euro nel 2024) è un fattore tra i più citati, vanno considerati anche la crisi di spesa dei consumatori e i costi delle materie prime. Tuttavia, il legame causale tra tassazione e calo di competitività è evidenziato dai numeri: nei paesi europei con aliquote più basse (es. Germania, Olanda, Regno Unito) le importazioni in Italia sono cresciute oltre il 10% nel primo semestre 2024[27]. Questo dato riflette la scelta degli operatori italiani e dei consumatori di spostarsi verso birre importate più economiche.
Effetti dell’aumento delle accise
I numeri confermano che le accise hanno un peso significativo sul prezzo e sui margini. Come riportato da Ansa Terra e Gusto, l’accisa sulla birra può rappresentare fino al 40% del prezzo di vendita nei formati più popolari (ad es. bottiglia da 66 cl)[24]. Per una birra media alla spina, questo significa circa 0,80 € di tassazione diretta sul prezzo finale. L’aumento di soli 0,12 € fra il 2023 e il 2024 ha avuto effetti concreti: in termini fiscali l’incremento ha portato 20 milioni di euro in più di entrate indirette per lo Stato, ma questi soldi extra corrispondono a un settore più debole. Assobirra evidenzia che tra 2022 e 2024 i consumi interni sono scesi costantemente, mentre le importazioni (principalmente da paesi con aliquote basse) sono balzate in doppia cifra[24].
Di conseguenza, ogni aumento di accisa riduce i margini di birrifici e dettaglianti. I birrifici vedono erodere la loro capacità di investimento, gli esercenti (bar e ristoranti) vedono ridotti i guadagni, e il consumatore – già alle prese con l’inflazione – paga di più. Le accise sulla birra sono perciò considerate una tassa regressiva: incidono di più sui redditi medio-bassi, poiché prendono una fetta maggiore di una spesa quotidiana relativamente fissa (una pinta). Secondo Assobirra, alleggerire questa tassazione può aumentare i consumi e rilanciare il settore: i dati storici lo confermano, ad esempio dopo la riduzione di accisa negli anni passati le vendite e la produzione italiane erano cresciute significativamente[33].
Dal lato europeo, le politiche fiscali mostrano ampia variabilità: molti Paesi UE hanno aliquote minime molto inferiori all’Italia. Per esempio, in Germania l’accisa è circa un quarto di quella italiana, in Francia e Regno Unito poco più della metà[25]. Ciò penalizza la birra italiana, sia nei consumi domestici sia all’estero. Le associazioni di settore, tra cui Assobirra e Unionbirrai, chiedono pertanto un riequilibrio: ottenere un’aliquota più vicina almeno alla media UE aiuterebbe la filiera a crescere e a creare nuovi posti di lavoro (tenendo conto che si parla di risorse modeste per lo Stato ma fondamentali per le imprese).
Possibili misure e sconti per artigiani
La proposta di Assobirra non si limita ai due centesimi di sconto sull’aliquota base. L’associazione rilancia anche la necessità di confermare e ampliare gli sconti fiscali già esistenti per i piccoli produttori. Attualmente la legge italiana prevede che i birrifici con una produzione annua inferiore ai 10.000 hl paghino solo il 60% dell’accisa standard (aliquota ridotta del 40%), come misura a tutela delle realtà artigianali. In pratica, un microbirrificio paga circa 1,824 €/hl/Plato anziché 3,04. Assobirra e Unionbirrai sperano che queste agevolazioni vengano mantenute anche per il 2026 e superiori a copertura di fasce di produzione più ampie (ad es. fino a 20.000 hl). Questo aiuterebbe il proliferare delle startup birrarie, sostenendole nei primi anni di attività quando ancora non raggiungono le economie di scala degli impianti maggiori.
Un altro punto di richiesta è la semplificazione delle procedure doganali e burocratiche legate alle accise, in modo da ridurre i costi indiretti per le aziende. Tuttavia, la misura più significativa rimane la riduzione dell’aliquota base. Dal punto di vista tecnico, far scendere l’accisa a 2,97 € al Plato (come era prima del gennaio 2023) equivale semplicemente a confermare la situazione pre-pandemica, senza danneggiare ulteriormente le entrate statali in modo significativo. Assobirra fa notare che 6,9 milioni l’anno sono briciole rispetto alla spesa pubblica complessiva, ma per il settore possono fare la differenza tra un anno in perdita o in pareggio.
La pressione su questo tema si è intensificata nelle ultime settimane: oltre ad Assobirra, anche alcuni parlamentari di maggioranza e di opposizione si sono detti favorevoli a misure in tal senso. È prevista una votazione in Commissione Bilancio entro dicembre 2025. Se l’emendamento contenente la riduzione passasse, dalla primavera 2026 l’accisa più bassa entrerebbe in vigore. In alternativa, si sta valutando se dedicare un fondo specifico per compensare l’aumento delle tasse al settore. In ogni caso, il negoziato politico si avvia alla fase finale e sarà un tema da monitorare nei prossimi mesi.
Conclusioni e scenario futuro
In conclusione, la richiesta di riduzione delle accise sulla birra avanzata da Assobirra rappresenta un punto cruciale per il settore nel 2025. Da un lato, i dati economici mostrano come il comparto brassicolo nazionale attraversi una fase di rallentamento (con contrazione di produzione e consumi), in parte attribuibile all’aumento delle tasse. Dall’altro, il potenziale del settore – con valore aggiunto di oltre 10 miliardi e oltre 100mila occupati – rimane molto elevato[22]. Un intervento mirato nel bilancio può quindi avere benefici moltiplicativi su tutta la filiera, dal campo ai pub.
Per i consumatori, la riduzione delle accise si tradurrebbe in prezzi leggermente più bassi e in un incentivo a scegliere più spesso prodotti locali. Per i birrifici significa investire in nuove birre e assunzioni con maggiore serenità. I dati storici presentati da Assobirra dimostrano che scendere anche di poco nell’aliquota ha effetti tangibili in termini di consumi aggiuntivi e rilancio dell’export[33].
È improbabile che la manovra 2026 rivoluzioni completamente il settore, ma la conferma della riduzione a 2,97 € e il mantenimento degli sconti per i piccoli produttori sono considerate misure minime essenziali. In uno scenario globale sempre più competitivo, sostenere la birra italiana vuol dire anche supportare l’agricoltura nazionale (che fornisce malto d’orzo italiano) e le tradizioni brassicole di innovazione. Resta da vedere come si muoveranno i partiti nelle ultime votazioni; di certo, per il comparto birrario il 2026 sarà un anno chiave, in cui potrà definire se continuare a contrarsi o intraprendere un nuovo percorso di crescita.
Per ulteriori approfondimenti sul calcolo delle accise e sul mercato della birra artigianale, rimandiamo alla nostra guida dedicata su Come si calcolano le accise sulla birra[34]. Intanto, resta vivo il dibattito politico: secondo ANSA, all’interno della manovra la riduzione delle accise è vista come un “investimento strategico” per il Made in Italy birrario[22]. Seguiremo gli sviluppi nelle prossime settimane.
Approfondimenti e fonti: Le informazioni riportate si basano su comunicati di Assobirra e articoli di settore (ANSA Terraagusto)[20][22], nonché sull’analisi dei costi della birra artigianale[21].
tl;dr
Assobirra chiede al Governo italiano di ridurre le accise sulla birra di 2 centesimi (da 2,99 a 2,97 €/hl/Plato) nella Legge di Bilancio 2026. Questa modifica, seppur apparentemente minima, potrebbe dare nuovo slancio a un settore che genera oltre 10 miliardi di euro di valore e 112.000 posti di lavoro. La richiesta si basa sui dati che mostrano come i recenti aumenti delle accise abbiano contribuito a un calo di produzione, consumi ed export, a vantaggio delle birre importate da paesi con fiscalità più bassa. La riduzione è vista come un investimento strategico per sostenere la filiera brassicola italiana e la sua competitività.

Finalmente un articolo che spiega chiaramente la situazione! Come piccolo produttore, posso confermare che le accise sono un peso enorme. Speriamo che il governo ascolti Assobirra.
Articolo molto interessante, ma mi chiedo: questi 2 centesimi di riduzione si tradurranno davvero in un prezzo più basso per noi consumatori? O verranno assorbiti da altri costi? Qualcuno ha maggiori informazioni? Ho trovato un sui margini di distribuzione che forse è rilevante.
@Lucia R. Bella domanda! Secondo me dipende molto dai singoli esercenti. Io gestisco un pub e, se passasse la riduzione, la trasferirei subio ai clienti. Ogni piccolo aiuto è fondamentale per attirare gente.
Articolo completo, grazie. Sono un po’ scettico sull’impatto reale di questa misura, ma ogni passo verso una tassazione più leggera per il nostro settore è benvenuto. Forse sarebbe il caso di puntare anche su nei birrifici.
Condivido l’analisi. È incredibile come un settore così vitale per l’economia e la cultura italiana venga ancora tartassato. Bisogna sostenere il Made in Italy anche da questo punto di vista!