La domanda sulle potenzialità di guadagno di un pub è naturale per qualsiasi aspirante gestore. Tuttavia, la risposta non è un numero fisso, ma un equilibrio dinamico tra diverse variabili. Quanto guadagna un pub dipende da una formula complessa dove incassare tanto non significa automaticamente ottenere un netto elevato. Questo articolo vuole smontare il mito del “pub che tira sempre” e fornire una visione realistica, basata su dati di settore e logica gestionale. Analizzeremo le principali fonti di ricavo di un locale, scomporremo le voci di costo che erodono gli incassi e arriveremo a delineare margini di utile realistici. L’obiettivo è offrirti una lente di ingrandimento sulla contabilità di un pub, permettendoti di capire dove si genera valore e dove, invece, il denaro tende a sfuggire. Solo con questa consapevolezza puoi pianificare una gestione finanziaria solida e duratura, trasformando la tua passione per la birra artigianale in un’attività sostenibile.
In questo post
- Le colonne portanti delle entrate: vendite dirette e oltre
- Il prezzo della birra: come si determina e quanto incide
- I costi variabili: la costante erosione del margine
- I costi fissi: l’inerzia finanziaria da coprire
- Calcolo del guadagno lordo e netto: esempi pratici
- Fattori chiave che moltiplicano il guadagno
- Errori comuni che annullano i profitti
- Domande frequenti sui guadagni di un pub
Le colonne portanti delle entrate: vendite dirette e oltre
Il fatturato di un pub tradizionale si regge su alcuni pilastri principali. La vendita di bevande è indiscutibilmente la prima e più importante. All’interno di questa macro-categoria, la birra alla spina rappresenta solitamente la fetta maggiore, grazie al suo margine interessante e all’alta rotazione. Una pinta di birra artigianale ha un costo di produzione (il fusto) che può variare, ma il prezzo di vendita al cliente deve coprire molto più del semplice liquido. Seguono le vendite di birra in bottiglia, di soft drink, di acqua e di altre bevande alcoliche (vino, superalcolici, cocktail). La seconda colonna è la vendita di cibo. Che si tratti di snack, panini, piatti della cucina pub o proposte gastronomiche più ricercate, il cibo è fondamentale per aumentare il ticket medio per cliente e per trattenere le persone nel locale più a lungo. Un cliente che cena spenderà più di uno che beve solo un bicchiere.
Oltre alle vendite dirette, esistono entrate accessorie che possono diventare significative. L’organizzazione di eventi privati (compleanni, addii al celibato, riunioni aziendali) garantisce un incasso certo e programmato. La vendita di merchandising (magliette, boccali, sottobicchieri) o di prodotti da asporto (come le bottiglie di birra dal catalogo de La Casetta Craft Beer Crew) crea un canale di vendita aggiuntivo. Infine, non sottovalutare il valore di collaborazioni o eventi speciali, come serate a tema, presentazioni di birre in collaborazione con un birrificio, o cene di degustazione con abbinamento birra-cibo. Queste iniziative, se ben pubblicizzate, attirano nuova clientela e fidelizzano quella esistente, generando picchi di incasso positivi.
Il prezzo della birra: come si determina e quanto incide
Stabilire il prezzo di una birra al pubblico è un’operazione strategica. Non basta applicare una percentuale fissa sul costo del fusto. La metodologia corretta parte dal COGS. Prendiamo l’esempio di un fusto da 30 litri (circa 52 pinte da 0,58 cl) di una American Pale Ale che al gestore costa 90 euro + IVA. Il costo per pinta è quindi di circa 1,73 euro (90/52). Su questo costo, il gestore deve applicare un markup che copra tutti gli altri costi (affitto, personale, utenze) e generi un profitto. I markup nel settore della ristorazione variano tipicamente dal 300% al 700% sul costo del prodotto. Un markup del 500% porterebbe il prezzo di costo a circa 10,38 euro. Tuttavia, il prezzo finale deve anche essere allineato al mercato locale e percepito come giusto dai clienti. Un prezzo di 5-7 euro per una pinta di birra artigianale premium è un range comune in molte città italiane.
Il margine sulla birra è generalmente più alto di quello sul cibo, che ha costi di produzione più complessi (ingredienti, manodopera in cucina, sprechi). Ecco perché promuovere il consumo di birra di qualità, magari guidando il cliente verso stili più strutturati come una Double IPA o una complessa Belgian Dark Strong Ale, può migliorare la redditività media per coperto. La nostra guida su come calcolare il prezzo della birra artigianale approfondisce queste dinamiche con esempi dettagliati. La strategia di pricing può anche essere differenziata: happy hour con prezzi promozionali, menu degustazione di “mezze” per provare più stili, o prezzi premium per birre in bottiglia particolari e limitate.
I costi variabili: la costante erosione del margine
I costi variabili sono quelli che fluttuano in proporzione diretta al volume d’affari. Il più ovvio è proprio il costo delle merci vendute (birra, cibo, bevande) di cui abbiamo parlato. Più vendi, più spendi in inventario. Ma ci sono altri costi variabili sottili: le commissioni sui pagamenti elettronici (POS), che incidono tra l’1,5% e il 3% su ogni transazione carta; i consumi di gas ed elettricità che aumentano nei periodi di maggior attività; i materiali di consumo come tovaglioli, stuzzicadenti, prodotti per la pulizia, e il lavaggio dei camici del personale. Anche una parte del personale può essere considerata variabile se si assumono extra in base al previsto afflusso. Un controllo rigoroso di questi costi è essenziale: uno spreco in cucina del 5% in più del previsto o una mancata trattativa con i fornitori di birra può erodere silenziosamente il margine di guadagno lordo.
I costi fissi: l’inerzia finanziaria da coprire
I costi fissi sono quelli che sostieni indipendentemente dal fatto che il pub sia pieno o vuoto. Rappresentano la soglia di redditività minima che devi superare ogni mese. La voce più importante è solitamente l’affitto (o la rata del mutuo). Seguono gli stipendi del personale fisso (il manager, i cuochi e i camerieri con contratto a tempo indeterminato), le utenze fisse (telefono, internet, canone TV), le tasse e licenze (come il diritto di piazza e la licenza SIAE), l’assicurazione del locale, e i canoni di noleggio per eventuali attrezzature in leasing. A questi vanno aggiunti i costi di manutenzione ordinaria e l’ammortamento delle attrezzature, ovvero la quota del loro costo iniziale che “consumi” ogni anno. La somma di tutti i costi fissi mensili dà il punto di pareggio (break-even) in termini di fatturato. Solo superando quella cifra, il pub inizia a guadagnare.
Calcolo del guadagno lordo e netto: esempi pratici
Proviamo a fare un esercizio semplificato per un ipotetico pub di medie dimensioni. Supponiamo un fatturato mensile di 50.000 euro, così suddiviso: 60% da bevande (30.000€) e 40% da cibo (20.000€). I costi delle merci vendute (COGS) potrebbero essere il 25% per le bevande (7.500€) e il 35% per il cibo (7.000€), per un costo del venduto totale di 14.500€. Il margine lordo sarebbe quindi di 50.000 – 14.500 = 35.500 euro. Da questo sottraiamo i costi fissi, che per un simile locale potrebbero aggirarsi intorno ai 20.000 euro/mese (affitto 4.000€, personale 12.000€, utenze e altre spese fisse 4.000€). Otteniamo un EBITDA di 15.500 euro. Da questa cifra vanno ancora sottratte le tasse, gli ammortamenti e gli interessi su eventuali finanziamenti, per arrivere al netto vero e proprio. In questo esempio semplificato, il guadagno netto mensile prima delle tasse potrebbe attestarsi tra i 10.000 e i 12.000 euro. È un numero che può sembrare alto, ma ricavato da un fatturato consistente e soggetto a molte variabili. Un calcolo reale richiederebbe un business plan per pub molto più dettagliato.
Fattori chiave che moltiplicano il guadagno
Alcuni elementi possono spingere significativamente la redditività oltre la media:
- Alta rotazione e gestione dell’inventario: Vendere velocemente significa ridurre il capitale immobilizzato e il rischio di sprechi. Una gestione oculata delle scorte, magari supportata da un software, è cruciale.
- Controllo degli sprechi: In cucina e al bar, ogni grammo di prodotto sprecato è denaro perso. Formare lo staff a questo principio e monitorare gli scarti fa la differenza.
- Upselling e vendita incrociata: Formare il personale a suggerire un amaro dopo il caffè, una birra da abbinare al dessert, o un piatto dello chef oltre all’ordinario, aumenta il ticket medio.
- Efficienza energetica e nei contratti: Rinegoziare le tariffe con i fornitori di energia, con le compagnie telefoniche e con i fornitori di birra può liberare risorse preziose.
- Marketing intelligente e fidelizzazione: Attrarre clienti ha un costo. Trattenere quelli esistenti è più economico. Un programma fedeltà, una newsletter e una presenza sui social media attiva e coinvolgente costruiscono una comunità attorno al pub.
- Diversificazione delle entrate: Come accennato, non dipendere solo dal servizio al tavolo. L’angolo spillatore per matrimoni o eventi privati può essere un servizio molto redditizio nei weekend in cui il locale è chiuso al pubblico.
Errori comuni che annullano i profitti
Dall’altro lato, alcune scelte sbagliate possono vanificare anche un buon fatturato:
- Pricing troppo basso: Voler essere i più economici del quartiere attira una clientela poco redditizia e ti costringe a volumi altissimi per coprire i costi.
- Controllo lassista delle scorte: Furti interni, spillature non registrate, sprechi in cucina non monitorati sono una emorragia costante.
- Personale non formato o demotivato: Uno staff che sbaglia gli ordini, serve lentamente o ha un atteggiamento negativo allontana i clienti per sempre.
- Mancanza di manutenzione: Trascurare la pulizia degli spillatori o la manutenzione dei frigoriferi porta a difetti nel prodotto (birra calda o contaminata) e a guasti costosi.
- Ignorare i dati: Non tenere un conto giornaliero delle vendite, non analizzare quali sono le birre più vendute o i piatti che rimangono invenduti, significa operare al buio.
Domande frequenti sui guadagni di un pub
Qual è il margine netto medio di un pub?
Il margine netto (utile netto / fatturato) di un pub ben gestito in Italia può oscillare tra il 10% e il 20%. Questo significa che su 100 euro di incasso, rimangono al gestore da 10 a 20 euro dopo aver pagato TUTTO. Molti pub operano su margini più bassi, specialmente nei primi anni.
Quanto fattura in media un pub al mese?
Il fatturato mensile è estremamente variabile. Un piccolo pub di quartiere può fatturare 15.000-25.000 euro. Un pub medio in zona ben frequentata può arrivare a 40.000-70.000 euro. Locali grandi, in posizioni centrali o di grande tendenza, possono superare i 100.000 euro mensili. Queste sono stime molto indicative.
Cosa rende un pub più redditizio di un altro?
Oltre alla location, la differenza la fa l’efficienza gestionale. Un pub con un concetto chiaro, un menu birraio studiato (che bilanci birre core e rotative), un personale competente e un marketing esperienziale efficace ha molte più probabilità di avere margini superiori alla media. La capacità di gestire il food cost e il beer cost con precisione è un moltiplicatore di redditività.
È meglio un pub con o senza cucina?
La cucina aumenta complessità, costi del personale e rischi di spreco. Tuttavia, aumenta anche il tempo di permanenza della clientela, il ticket medio e attira un pubblico diverso (famiglie, gruppi che cenano). Un pub senza cucina deve eccellere nell’offerta di birra, nell’atmosfera e negli eventi per compensare. La scelta dipende dal concept e dalle competenze del gestore.
Quanto influisce la scelta del fornitore di birra sulla redditività?
Molto. Un fornitore affidabile che offre birra artigianale di qualità a prezzi coerenti, con un servizio puntuale e condizioni commerciali trasparenti, è un partner strategico. Ritardi nelle consegne, variazioni di qualità o prezzi non stabili possono destabilizzare la gestione e l’immagine del pub. Lavorare con una beer firm che faccia da curatore di una selezione, come La Casetta Craft Beer Crew, può semplificare la supply chain e garantire una proposta di valore coerente.
Oltre agli aspetti finanziari diretti, la capacità di guadagno di un pub è profondamente legata a fattori intangibili che costruiscono il suo capitale reputazionale. La qualità percepita è uno di questi. Un locale che spilla birra artigianale mantenendo impeccabilmente le linee grazie a un rigoroso servizio di pulizia spillatore trasmette professionalità. Un cliente si accorge se una pinta di IPA è servita alla giusta temperatura, con la giusta schiuma e in un bicchiere pulito. Questi dettagli, che hanno un costo di gestione, giustificano un prezzo premium e costruiscono fiducia. La proposta di birre speciali, come una limitata Double IPA particolarmente luppolata o una Tripel complessa, può attirare appassionati disposti a spendere di più, migliorando i margini.
Un altro fattore intangibile è la capacità di creare comunità. Un pub non vende solo birra, vende esperienze sociali. Il barista che ricorda il nome dei clienti abituali, la squadra che si ritrova dopo la partita, gli amici che scelgono quel locale per il proprio pub crawl settimanale: tutto questo genera un flusso di entrate prevedibile e fedele. Incentivare questa dimensione sociale, magari ospitando quiz night, serate con giochi da tavolo o semplicemente favorendo le conversazioni tra sconosciuti al bancone, trasforma il pub da esercizio commerciale a punto di riferimento. Questo si traduce in minori costi di acquisizione clienti e in una migliore resistenza alle fluttuazioni stagionali.
La flessibilità operativa è un moltiplicatore di guadagno spesso trascurato. Saper adattare l’offerta in base al momento della giornata o della settimana massimizza l’uso degli spazi e del personale. Un happy hour pomeridiano con prezzi promozionali su alcuni stili di birra può attirare una clientela da dopo-lavoro. Un menu del pranzo veloce e conveniente per i lavoratori della zona sfrutta un orario spesso poco redditizio. La sera, l’offerta si fa più ricercata e i prezzi si alzano. Questa segmentazione permette di catturare diverse fasce di mercato con lo stesso asset fisico. Anche la gestione delle previsioni di vendita diventa cruciale: sapere che in un determinato weekend ci sarà un grande evento in città permette di organizzare il personale e l’inventario per non perdere opportunità di vendita e, allo stesso tempo, evitare sprechi.
Infine, l’innovazione nel menu birraio è un potente driver. Un pub che propone sempre le stesse 5 birre rischia di diventare monotono. Introdurre regolarmente novità, ad esempio seguendo un calendario di birre stagionali, mantiene vivo l’interesse degli habitué e fornisce spunti per il marketing (es. “È arrivata la nuova birra estiva!”). Collaborare con birrifici per lanci in esclusiva o organizzare tap takeover attira pubblico nuovo. Questa rotazione deve essere gestita con intelligenza per non creare eccesso di scorte di prodotti a lenta rotazione. Avere un fornitore che supporta questa flessibilità, magari con un sistema di prenotazione e consegne frequenti di piccoli lotti, è un vantaggio competitivo non da poco.
In conclusione, rispondere alla domanda “quanto guadagna un pub?” significa addentrarsi in un sistema vivo di entrate, costi, strategie e relazioni umane. Il guadagno netto è la risultante di tutte queste forze. Un gestore di successo è al contempo un leader di comunità, un attento controllore di gestione, un esperto di prodotti e un abile marketer. Investire nella qualità della proposta, partendo dalla scelta di una fornitura di birra artigianale curata e professionale, non è una spesa ma la base per costruire un marchio solido e redditizio. La redditività non è un traguardo, ma un percorso di miglioramento continuo, giorno dopo giorno, pinta dopo pinta.
tl;dr
Il guadagno di un pub dipende dall’equilibrio tra entrate (principalmente da bevande e cibo) e costi (variabili come le materie prime e fissi come affitto e personale). Un margine netto realistico si aggira sul 10-20% del fatturato. La redditività è influenzata da fattori chiave come il controllo degli sprechi, la capacità di upselling, la flessibilità operativa e la costruzione di una comunità fedele. Errori comuni come prezzi troppo bassi, gestione lassista delle scorte e personale non formato possono annullare i profitti. Investire in qualità, formazione e partnership con fornitori affidabili è fondamentale per la sostenibilità a lungo termine.

Articolo molto utile, soprattutto la parte sul calcolo del punto di pareggio. Mi chiedevo se avete anche dei template excel per simulare i costi fissi e variabili? Ho aperto da poco e sto cercando di ottimizzare.
Interessante, ma secondo me sottovalutate l’impatto del posizionamento. Un pub in centro a Milano avrà costi fissi completamente diversi da uno in provincia. Sarebbe bello un approfondimento sulla scelta della location.
@BeerLover89 hai ragione, la location è tutto. Io ho un pub in un paese di 10.000 abitanti, il fatturato è più basso ma anche l’affitto è un decimo di quello cittadino. La comunità locale è il nostro motore.
Confermo tutto! Gestisco un taproom da 3 anni e il controllo degli sprechi è la chiave. Un consiglio: tenete un diario delle spillature, aiuta a capire subito se c’è una perdita o un “assaggio” eccessivo dello staff. Per chi vuole approfondire la gestione degli sprechi, questo articolo del Brewers Association è illuminante.
Grazie per l’articolo. Una domanda: avete consigli su come formare il personale all’upselling senza che risulti invadente? A volte i camerieri hanno paura di “vendere troppo”.