Birre al Caffè: Estrazione a Freddo, Infusione in Whirlpool e Rischio Astringenza

Le birre al caffè rappresentano un incontro affascinante tra due mondi ricchi di aromi: quello della birra artigianale e quello del caffè. Negli ultimi anni, complice l’affinarsi delle tecniche, questo binomio è diventato più di una curiosità: ha conquistato un pubblico sempre più ampio, tanto che perfino giganti del settore come Guinness hanno lanciato versioni speciali di stout arricchite con caffè estratto a freddo. Non è un’idea nuovissima: già a fine anni ’90 birrifici craft pionieri iniziarono a sperimentare l’aggiunta di caffè nelle loro stout (celebre la collaborazione tra Redhook e Starbucks per una coffee stout nel 1995). Ma come si ottiene una coffee beer perfetta senza incorrere in difetti come l’eccessiva astringenza? Meglio utilizzare l’estrazione a freddo del caffè oppure optare per un’infusione in whirlpool a caldo durante la cotta? In questo articolo esploreremo tutte le tecniche e i segreti per aggiungere il caffè alla birra nel modo ottimale, con consigli pratici su come fare una birra al caffè in casa e su come evitare gli errori più comuni. Preparati a scoprire come nasce una coffee beer bilanciata, aromatica e priva di difetti, unendo passione per la birra e amore per il caffè in un solo bicchiere.

Birre al caffè: cosa sono e perché provarle

Le birre al caffè nascono dall’idea di combinare l’aroma inconfondibile del caffè con la complessità di una base maltata. Ma non si tratta solo di aggiungere una tazzina di espresso nella pinta: è una vera arte trovare il giusto equilibrio tra note torrefatte, amarezza e corpo della birra. In genere, queste birre appartengono alla famiglia delle stout e delle porter, cioè birre scure già caratterizzate da sentori di caffè dati dai malti tostati. L’aggiunta di vero caffè accentua e amplia questo profilo aromatico, regalando sfumature che vanno dal cioccolato fondente alla liquirizia, fino a punte di vaniglia o frutta secca a seconda del tipo di chicco utilizzato.

Stili e tendenze delle coffee beer

Sebbene la coffee stout sia la variante più nota (famosa la Breakfast Stout di Founders o le versioni imperial stout al caffè di molti birrifici artigianali), anche altri stili birrari possono beneficiare dell’aggiunta di caffè. Ad esempio, alcune blonde ale chiare sono state arricchite con caffè a freddo per creare un contrasto sorprendente tra il colore oro nel bicchiere e l’aroma intenso di moka. Ciò dimostra che il caffè in birra non è solo una curiosità per stout, ma un trend in evoluzione: birrai creativi collaborano con torrefattori di qualità per sviluppare ricette innovative. In Italia abbiamo esempi celebri come la “Na Tazzulella ‘e Cafè” (stout del birrificio Karma con caffè Jamaica Blue Mountain) o la “Marchè’l Re” di Loverbeer, una imperial stout affinata in botte con aggiunta di caffè arabica in infusione a freddo. Anche colossi industriali cavalcano questa tendenza: Guinness ha lanciato la sua Nitro Cold Brew Coffee Stout, segno che l’incontro tra birra e caffè è ormai mainstream.

Ecco qualche birra al caffè iconica:

  • Founders Breakfast Stout – Una stout americana arricchita con avena, cioccolato e caffè Kona. Corpo cremoso, intensi aromi di espresso e note di cioccolato fondente. Esempio classico di come il caffè possa integrarsi in una imperial stout da colazione!
  • Mikkeller Beer Geek Brunch Weasel – Imperial stout danese famosa per l’impiego di caffè Kopi Luwak (rarissimo caffè indonesiano). Sprigiona sentori di caffè torrefatto, vaniglia e cacao, con un finale luppolato che bilancia la dolcezza.
  • Carrobiolo Coffee Brett – Esperimento italiano in cui un’imperial stout al caffè (11%) viene fermentata anche con lieviti selvaggi Brettanomyces. Il risultato è una birra nerissima dalla schiuma color cappuccino, che unisce l’acidulo “funky” dei Brett a un intenso retrogusto di caffè tostato e cioccolato fondente.
  • Extraomnes Donker – Imperial stout italiana (10%) brassata con caffè selezionato dalla torrefazione El Mundo, fermentata con lievito belga e affinata. Offre un bouquet complesso: espresso intenso al naso, gusto di liquirizia, cacao e un tocco speziato dato dai lieviti. Un esempio di come il caffè possa sposarsi con fermentazioni particolari.
  • Birra del Borgo & Ritual Lab “Noir” – Collab italiana: una imperial coffee stout che unisce le forze di due birrifici, con caffè aggiunto in diverse fasi. Profumi di cappuccino e tostature, gusto morbido e riscaldante.
  • Goose Island Bourbon County Coffee Stout – Dalla serie Bourbon County (birre affinate in botti di bourbon), la versione al caffè si distingue per intensità: aromi di caffè americano, caramello, rovere e bourbon. Ricchissima e da meditazione.

Ma perché provare ad aggiungere il caffè nella birra? Innanzitutto per arricchire il ventaglio aromatico: un buon caffè apporta note tostate fresche, profumi di crema e cacao che i malti, da soli, possono solo imitare. Inoltre, per i veri amanti della caffeina (per quanto la caffeina residua in una coffee beer sia minima, spesso inferiore a 10 mg per bicchiere), degustare una birra che richiama il proprio espresso preferito è un’esperienza intrigante. L’importante è capire come aggiungere il caffè nel processo produttivo nel modo corretto: a seconda di quando e come aggiungi il caffè, esso può donare alla birra aromi straordinari oppure, se mal gestito, difetti come sapori di bruciato, sentori di “pepe verde” o quella famigerata sensazione astringente sgradevole. Nei prossimi paragrafi vedremo nel dettaglio i metodi principali per utilizzare il caffè in birrificio e le accortezze per evitare problemi.

Estrazione a freddo del caffè nella birra

L’estrazione a freddo del caffè, nota anche come cold brew, è una tecnica di preparazione in cui si mettono a mollo i chicchi macinati in acqua fredda o a temperatura ambiente per un lungo periodo (tipicamente dalle 8 alle 24 ore). Applicata alla birrificazione, questa metodologia prevede di estrarre l’infuso di caffè a parte, oppure direttamente nel mosto già fermentato, senza mai scaldare il caffè. Lo scopo è preservare gli aromi più delicati del caffè ed evitare l’estrazione di composti amari e tannini che contribuiscono all’astringenza.

Come funziona il metodo cold brew

Nel contesto delle birre al caffè, il metodo cold brew consiste spesso nel preparare un concentrato di caffè a freddo da aggiungere poi alla birra. Ad esempio, un birraio casalingo può mettere in infusione a freddo 100 g di caffè macinato grosso in 1 litro d’acqua fredda, poi lascia riposare il tutto in frigorifero per circa 12-24 ore. Il risultato è un estratto di caffè molto aromatico ma dal gusto più morbido. Filtra il concentrato per rimuovere i fondi, quindi aggiungilo nella fase desiderata: c’è chi lo inserisce direttamente nel fermentatore a fine fermentazione, oppure al momento del confezionamento (ad esempio in fase di priming prima dell’imbottigliamento, mescolandolo delicatamente al mosto pronto da imbottigliare).

Un approccio alternativo prevede di mettere direttamente il caffè macinato nella birra già fermentata (in fusto o in fermentatore, come si fa con il dry-hopping). In questo caso i fondi di caffè restano a contatto con la birra fredda per un periodo controllato (generalmente 24-48 ore), poi travasa la birra separandola dai residui. Questo metodo, talvolta chiamato “dry beaning”, ha un effetto simile all’aggiunta dell’estratto a freddo: l’assenza di calore estrae aromi di caffè freschi – note di moka, cioccolato, nocciola o frutta a seconda della varietà di caffè – con una bassa estrazione di tannini.

Vantaggi e accortezze dell’estrazione a freddo

Il vantaggio principale del cold brew nella birra è la pulizia del profilo aromatico. La birra acquisisce l’aroma autentico del caffè, come se si annusasse una tazzina appena fatta, ma il sapore rimane rotondo e privo di asprezza. Riducendo i composti amari estratti, si minimizza il rischio di astringenza. Come conferma anche un esperto dell’Accademia Vergnano, il caffè estratto a freddo è meno amaro e acido rispetto a quello caldo riducendo i livelli di acidità e note amare estratti.

Ci sono però alcune accortezze da seguire. Primo, la sanità: aggiungere un liquido a fermentazione ultimata comporta sempre un (seppur piccolo) rischio di infezione. Per ridurlo, bisogna assicurarsi che il recipiente e gli utensili usati per l’estrazione a freddo siano ben puliti e sanitizzati. Alcuni bollono l’acqua prima dell’infusione a freddo (facendola poi raffreddare a temperatura ambiente o in frigorifero) proprio per sterilizzarla. Secondo, il dosaggio: è saggio procedere per gradi, versandone inizialmente solo metà e poi assaggiando la birra per valutare se aggiungerne ancora. Un eccesso di caffè potrebbe coprire tutti gli altri sapori della birra. In linea di massima, dosaggi di circa 5-10 g di caffè per litro di birra finita danno già un aroma marcato, ma è bene tarare in base al tipo di caffè (un’arabica delicata può richiederne di più rispetto a una robusta molto intensa) e al tipo di birra base.

La caffeina nella birra al caffè: quanta ce n’è?

Una curiosità frequente riguardo alle coffee beer è il contenuto di caffeina. Dobbiamo immaginarci queste birre come “energetiche” paragonabili a un caffè espresso? La risposta è: no, il tenore di caffeina è in genere trascurabile.

La maggior parte della caffeina del caffè utilizzato infatti non finisce nel bicchiere finale, sia perché le quantità di caffè usate non sono elevate, sia perché parte della caffeina può essere degradata o trattenuta nei fondi. Analisi di laboratorio su alcune coffee stout commerciali hanno mostrato valori di caffeina intorno ai 5-15 mg per litro di birra, contro circa 80-100 mg contenuti in un espresso. Ad esempio, la variante Cold Brew Coffee Stout prodotta da Guinness dichiara circa 2 mg di caffeina per lattina da 33 cl, un valore paragonabile a un decaffeinato. Ciò significa che anche bevendo una pinta intera di birra al caffè, assumerai meno caffeina di quanta ne avresti con un singolo espresso.

Di conseguenza, l’effetto “stimolante” di una birra al caffè è dovuto più all’alcol (se è una stout robusta magari 8-10% vol) che non alla caffeina. È comunque un aspetto interessante: sapere che si può gustare l’aroma di caffè in una birra senza preoccuparsi di stare svegli tutta la notte!

Infusione del caffè in whirlpool (a caldo)

Un metodo alternativo all’estrazione a freddo è aggiungere il caffè durante il processo di produzione della birra, tipicamente a fine bollitura, nella fase di whirlpool. Il whirlpool è quella procedura in cui, terminata la bollitura del mosto, lo si fa vorticare in maniera da far depositare le particelle solide al centro della pentola. In questa fase la temperatura del liquido è ancora elevata (intorno agli 80°C), ma non è più in ebollizione: ciò la rende un momento ideale per inserire ingredienti aromatici (luppoli o spezie) che beneficiano di qualche minuto di infusione a caldo senza però perdere tutti i profumi per evaporazione.

Come fare l’infusione in whirlpool

Per utilizzare il caffè in whirlpool, si procede in questo modo: a fiamma spenta, quando il mosto è appena sotto il punto di ebollizione, si aggiunge il caffè macinato (meglio se a grana grossa, tipo “French press”) chiuso in un sacchetto di mussola o garza sterilizzata. Si mescola il mosto creando un vortice e si lascia il caffè in infusione per pochi minuti, tipicamente 5 minuti o anche meno. È fondamentale non esagerare con il tempo di contatto: più a lungo i fondi restano nel liquido caldo, più sostanze indesiderate verranno estratte, in particolare tannini e composti amari. Gli esperti consigliano di non superare i 5 minuti di infusione, indipendentemente dalla quantità di caffè utilizzata. Se si desidera un aroma di caffè più intenso, conviene aumentare leggermente la dose di caffè (ad esempio passando da 8 a 12 g/L) piuttosto che prolungare l’infusione.

Trascorsi i pochi minuti previsti, si rimuove il sacchetto con il caffè dal mosto. A questo punto si può procedere a raffreddare rapidamente il mosto e a trasferirlo nel fermentatore per l’inoculo del lievito. Seguendo questa tecnica, il caffè avrà rilasciato i suoi aromi nel mosto caldo, che poi verranno catturati dalla birra in fermentazione, senza aver però avuto il tempo di apportare troppa astringenza.

Confronto tra metodi di aggiunta del caffè

Metodo Vantaggi Svantaggi
Estrazione a freddo Massima preservazione degli aromi del caffè; sapore più morbido e pulito; minore rischio di astringenza. Richiede tempo (infusione di molte ore); rischio di infezione se non ben sanitizzato; aroma meno intenso nel complesso.
Infusione in whirlpool (a caldo) Integrazione completa del caffè nel mosto; sanità garantita dal calore; risultato immediato e replicabile facilmente. Può perdere aromi volatili; maggiore rischio di estrarre amaro/astringente se i tempi non sono controllati; aroma che tende ad attenuarsi nel tempo.
Dry beaning (chicchi interi) Aroma di caffè molto fresco e fine; rischio tannini molto basso; tecnica semplice (basta aggiungere chicchi in fermentatore). Richiede alcuni giorni di contatto; lieve rischio di contaminazione; sapore meno intenso (contribuisce più all’aroma che al gusto).
Aggiunta di espresso (es. moka al priming) Aroma vivace e fresco di caffè in bottiglia; metodo creativo che dà un boost aromatico immediato. Procedura delicata (rischio ossidazione e diluizione del mosto); aromi che possono disperdersi se la birra matura a lungo; oli e caffeina direttamente in bottiglia (possibile lieve impatto su schiuma e stabilità).

Caratteristiche dell’infusione a caldo

L’infusione del caffè in whirlpool tende a conferire alla birra un profilo leggermente diverso rispetto all’estratto a freddo. Il calore aiuta a estrarre certe note dal caffè in modo rapido: i sapori risultano più decisi, spesso con un amaro di caffè più marcato e secco nel finale. Allo stesso tempo, parte degli aromi volatili del caffè può andare persa (evaporando o ossidandosi rapidamente a caldo) e la birra può presentare un aroma di caffè meno fresco, più simile a quello di un caffè filtro rispetto a un espresso appena fatto. In compenso, l’integrazione dei sapori è molto buona: il caffè aggiunto in bollitura o whirlpool si integra nel bouquet della birra già durante la fermentazione, dando spesso un risultato finale più uniforme, senza stratificazione di aromi.

Un possibile inconveniente dell’aggiunta a caldo è la perdita di intensità aromatica col passare del tempo: alcune birre al caffè ottenute con infusione in whirlpool mostrano un aroma di caffè vivido nelle prime settimane, ma tendono ad attenuarsi più in fretta durante la maturazione in bottiglia rispetto a quelle aromatizzate a freddo. Per questo motivo, molti birrai utilizzano una combinazione di metodi: ad esempio, fanno un’infusione leggera in whirlpool per dare base amara di caffè, e poi effettuano anche un dry beaning a freddo in fermentatore per arricchire l’aroma, così da ottenere il meglio dei due mondi. Anche l’esperimento di un birrificio ha confermato questa strategia: la birra trattata solo con cold brew aveva aroma più tenue ma sapore di caffè intenso, mentre quella solo con dry beaning presentava un aroma vivace ma gusto più leggero. Usando entrambi i metodi in sinergia, si è ottenuto un ottimo equilibrio tra aroma e sapore.

Altri metodi per utilizzare il caffè in birrificazione

Oltre al confronto tra estrazione a freddo e infusione a caldo in whirlpool, esistono ulteriori modalità con cui i birrai (specialmente homebrewer curiosi) hanno sperimentato l’impiego del caffè nella produzione. Eccone alcune:

Aggiunta di caffè in mash

Una tecnica meno comune è inserire il caffè macinato direttamente in ammostamento (mash), mescolandolo ai grani durante la fase di saccarificazione. L’idea è che il caffè, restando a contatto con acqua calda intorno ai 65-68°C per un’ora circa, rilasci alcuni aromi senza però estrarre troppo amaro grazie al pH relativamente basso del mash. In pratica, però, questo metodo ha mostrato risultati poco incisivi: gran parte dell’aroma di caffè tende a perdersi nelle successive fasi di bollitura e fermentazione, e ci si ritrova con birre solo leggermente più amare o tanniche. Inoltre, dosare il caffè in mash è difficile: se esagerato, rischia di acidificare troppo il mosto (il caffè è acido) e disturbare l’azione degli enzimi durante la saccarificazione.

Caffè in bollitura (e moka all’imbottigliamento)

Alcuni birrai hanno provato ad aggiungere il caffè direttamente in bollitura, proprio come fosse un luppolo o una spezia. Ad esempio, verso gli ultimi 5-10 minuti di bollore si può versare una caffettiera di espresso nel mosto, oppure mettere polvere di caffè in un hop bag e immergerla nel tino bollente per pochi minuti. Questo approccio assicura sanità (nulla sopravvive alla bollitura) e consente di amalgamare completamente il sapore di caffè, ma presenta due problemi: il primo è che molti aromi volatili del caffè svaniscono immediatamente nel vapore, il secondo è che il caffè aggiunto in questa fase apporta soprattutto amaro e note tostato-bruciate, con poca finezza. Il risultato rischia di essere una birra amara, bruciata e poco profumata.

Un’idea particolare è quella proposta dal birraio americano Mike Murphy: aggiungere del caffè sotto forma di moka concentrata direttamente prima dell’imbottigliamento. In una sua ricetta famosa, consigliava di versare circa 200 ml di caffè espresso forte in un batch da 20 litri appena prima di imbottigliare, mescolarlo bene con lo zucchero di priming. Questo metodo è rischioso (bisogna fare attenzione a non ossigenare la birra mescolando, e il caffè deve essere raffreddato) però può dare un’aromaticità molto fresca di caffè, percepibile subito all’apertura della bottiglia. Attenzione però al calcolo della diluizione: aggiungendo un volume di liquido non fermentabile (l’espresso), si riduce leggermente la gradazione alcolica e si aumenta il volume totale; conviene preparare un espresso molto concentrato per limitare la quantità di liquido immesso.

Un aneddoto curioso: Teo Musso, birraio del birrificio Baladin, nella sua celebre Noel Cafè era solito mettere addirittura un singolo chicco di caffè in ogni bottiglia Magnum prima della rifermentazione, per regalare un leggero aroma di caffè a ogni bottiglia.

“Dry Beaning” con chicchi interi

Un ulteriore metodo è l’utilizzo di chicchi di caffè interi direttamente nel fermentatore, analogamente al concetto di dry hopping. Alcuni birrai artigianali, come ad esempio Founders Brewing per la sua celebre Breakfast Stout, aggiungono una certa quantità di chicchi interi (anche 1-2 grammi per litro) nel fermentatore secondario o in cantina, lasciandoli in infusione per qualche giorno. I chicchi interi rilasciano aromi in modo più lento e delicato rispetto al caffè macinato, e non avendo particelle fini riducono il rischio di estrarre tannini. Il contributo di questo metodo è spesso un aroma di caffè molto fresco e “pulito”, senza aumentare in modo significativo l’amaro. Come controindicazione, però, i chicchi interi possono essere veicolo di contaminanti (anche se la gradazione alcolica della birra e la presenza di alcol aiutano a inibire i microbi), per cui è buona norma sanificarli il più possibile: c’è chi li immerge in un distillato (es. vodka) per qualche minuto prima di aggiungerli alla birra, il che crea una sorta di tintura al caffè che sterilizza la superficie dei chicchi.

L’importanza del tipo di caffè

Indipendentemente dal metodo scelto, conta moltissimo la qualità e il tipo di caffè impiegato. Arabica o robusta? I chicchi di Arabica in genere apportano aromi più fini, con note fruttate o floreali e acidità più spiccata, mentre la Robusta è più amara e contiene più caffeina. Nelle birre al caffè spesso si preferisce l’Arabica per la sua eleganza aromatica, ma alcuni birrai utilizzano un tocco di Robusta per dare “grinta” e una nota amara più decisa (tenendo presente che la caffeina comunque rimane su livelli trascurabili nel prodotto finito). Anche il grado di tostatura è cruciale: chicchi tostati chiari daranno sentori di caffè più acidi e delicati (talvolta con sfumature agrumate o di tè), mentre caffè tostati molto scuri offrono note intense di cacao amaro, fumo e pane bruciato. In genere per le birre al caffè si predilige una tostatura medio-scura (Italiano o French roast) per ottenere note decise di caffè senza arrivare a toni acri o cenere.

Il rischio di astringenza e come evitarlo

Abbiamo più volte menzionato l’astringenza come nemico delle birre al caffè. Ma di cosa si tratta esattamente? L’astringenza è quella sensazione di secchezza e rugosità in bocca, simile a quando si mastica una buccia di cachi acerbi o si tiene una bustina di tè troppo a lungo in infusione. È causata principalmente dai tannini e da altri polifenoli, composti presenti sia nei malti molto tostati (le glumelle dell’orzo) sia nel caffè, soprattutto se estratto con acqua troppo calda o per tempi prolungati.

Nelle birre scure una leggera astringenza è spesso parte del profilo gustativo e può addirittura aiutare a bilanciare la dolcezza dei malti, contribuendo a snellire il sorso. Tuttavia, un conto è una leggera percezione asciugante sul finale, un altro è una sensazione sgradevole di bocca “allappata” che rovina la bevuta. Il caffè può facilmente introdurre astringenza eccessiva se utilizzato in modo errato: ad esempio un caffè bollito a lungo nel mosto, o l’uso di caffè macinato finissimo lasciato troppo tempo a contatto con la birra, possono estrarre molti tannini dal chicco.

Come evitare allora un’astringenza indesiderata nelle coffee beer? Ecco alcuni consigli chiave:

  • Controllare tempi e temperature: evita di sottoporre il caffè ad alte temperature per troppo tempo. Meglio brevi infusioni (pochi minuti) in whirlpool o a fine boil, oppure optare per l’estrazione a freddo.
  • Usare macinatura grossa: un caffè macinato grosso (tipo French press) ha meno particelle fini che potrebbero rilasciare composti astringenti rapidamente. Inoltre è più facile da filtrare.
  • Preferire l’Arabica medium roast: come accennato, un’Arabica di buona qualità, tostata non oltre il medio-scuro, tende a contenere meno componenti amare e astringenti rispetto a miscele con alta percentuale di Robusta o a tostature estreme.
  • Curare il pH del mosto: se si aggiunge il caffè in fase di mash o boil, assicurarsi che il pH del mosto sia ben regolato (attorno a 5.2-5.5 in mash, <5.7 in boil). Un pH troppo alto accelera l’estrazione di tannini dai malti e dal caffè.
  • Malti decorticati e orzo moderato: questo riguarda più le ricette all-grain in generale, ma se il tema è evitare l’astringenza conviene, per la parte di malti scuri, usare malti de-husked (come i Carafa Special) e non esagerare con l’orzo non maltato tostato, che è ricco di glumelle. Così si riduce l’astringenza di base della birra, lasciando al caffè il compito di emergere al palato.
  • Assaggiare e aggiustare in corso d’opera: specialmente per chi produce da homebrewer, è utile assaggiare la birra durante le diverse fasi di aromatizzazione. Se si fa dry beaning, ad esempio, si può prelevare un campione ogni 12-24 ore per valutare l’estrazione e decidere quando rimuovere i chicchi. Se si fa cold brew, puoi provare a miscelarne diverse dosi in piccoli campioni di birra per capire quale quantità dona aroma senza accentuare amaro/astringenza.

In sintesi, l’astringenza nelle birre al caffè si combatte con la moderazione e il controllo: utilizzare ottimi ingredienti (caffè fresco, malti di qualità), tempi brevi per le infusioni a caldo, estrazioni a freddo quando serve e un attento bilanciamento con la dolcezza del malto. Così facendo, il caffè arricchirà la birra con le sue note migliori, senza portarsi dietro ruvidità indesiderate.

Coffee beer: come fare una birra al caffè in casa

Dopo aver esaminato tecniche e teoria, passiamo alla pratica: come fare una coffee beer artigianale a casa? Ecco un possibile percorso passo-passo per brassare una stout al caffè bilanciata e gustosa. (Se sei alle prime armi con l’homebrewing, ti consigliamo di leggere prima la nostra guida su come fare la birra in casa per familiarizzare con il processo base.)

Passo 1: Definisci la ricetta base

Come prima cosa, scegli lo stile di birra a cui aggiungerai il caffè. Una stout è la candidata ideale per iniziare: offre già note tostate che si sposano con il caffè e un corpo adatto a sostenere aromi intensi. Assicurati che la ricetta della tua stout base sia equilibrata: ad esempio, per 20 litri di birra potresti usare circa 4 kg di malto Pale Ale come base, 0,5 kg di malto Chocolate, 0,3 kg di orzo tostato e 0,2 kg di Crystal 80 (per dare una leggera nota caramellata). I luppoli dovrebbero dare un’amarezza moderata (intorno a 30 IBU) senza troppo aroma: varietà inglesi classiche come East Kent Goldings o Fuggle vanno bene, con una gettata da amaro a inizio bollitura e magari una piccola aggiunta a 10 minuti dalla fine.

Passo 2: Scegli il tipo di caffè e il metodo di aggiunta

Decidi quale caffè userai (varietà e tostatura) e soprattutto come lo aggiungerai. Per la prima volta, il metodo più facile da gestire è l’estrazione a freddo separata: prepara un cold brew con le modalità spiegate sopra (ad esempio 80-100 g di caffè macinato grosso in 1 litro d’acqua fredda, per 12-16 ore). In alternativa, puoi optare per un’infusione in whirlpool se ti senti sicuro di controllare i tempi: in tal caso, procurati un sacchetto da dry hopping e dosa il caffè macinato (ad esempio 50 g per 20 litri per un aroma leggero, 100 g per un aroma intenso). Tieni pronte anche eventuali attrezzature: colino o filtro per il cold brew, sacchetto filtrante per whirlpool, ecc.

Passo 3: Produci la birra (mash, boil, fermentazione)

Procedi con la cotta normalmente. Ammosta i grani e porta avanti la bollitura come da ricetta. Ricorda di non inserire il caffè durante la bollitura principale per evitare estrazioni indesiderate. Dopo il raffreddamento, inocula il lievito (per una stout va bene un lievito ale neutro, ad esempio US-05 o S-04) e lascia fermentare alla temperatura prevista (di solito 18-20°C) finché la densità non si stabilizza.

Passo 4: Aggiungi il caffè al momento giusto

Una volta terminata la fermentazione primaria (o verso la fine di essa), è il momento di aggiungere il caffè. Se hai preparato un estratto a freddo, travasa la birra in un secondo fermentatore (per separarla dal lievito) e aggiungi il tuo cold brew filtrato. Mescola delicatamente con un mestolo sanitizzato, cercando di non ossigenare. Se invece opti per l’infusione a caldo, porta il mosto post-bollitura a circa 80°C e immergi il sacchetto di caffè in whirlpool per 5 minuti, poi rimuovilo e raffredda subito.

Dopo aver aggiunto il caffè, è bene lasciar riposare la birra qualche giorno (nel caso di cold brew) o una settimana (se hai travasato in secondario) così che l’aroma di caffè si amalgami bene. Se hai usato il metodo del dry beaning con chicchi interi, assaggia la birra ogni giorno dopo il terzo: appena l’aroma di caffè ti sembra sufficiente, rimuovi i chicchi per evitare sovra-estrazione.

Passo 5: Imbottiglia (o infustò) e degusta

Non resta che confezionare la tua birra al caffè. Se imbottigli, aggiungi lo zucchero di priming (tenendo conto di eventuale liquido aggiunto con il caffè, che aumenta leggermente il volume totale) e imbottiglia come di consueto. Lascia rifermentare in bottiglia per almeno 2-3 settimane a temperatura ambiente. Se invece hai un impianto da kegging, puoi travasare nel fusto e forzare la carbonazione con CO2.

Per gustarla al meglio, servi la tua coffee stout a una temperatura leggermente più alta di una lager (intorno ai 10-12°C) per esaltare gli aromi di caffè. Come abbinamento gastronomico, queste birre stanno benissimo con dessert al cioccolato, tiramisù (dove c’è già caffè!) o formaggi erborinati piccanti, per un contrasto dolce-amaro esaltante.

La prima bottiglia stappata è sempre un momento emozionante: versa con cautela la tua coffee stout in un bicchiere e osserva la schiuma cappuccino formarsi. All’aroma dovresti percepire subito le note di caffè fresco integrate con i toni di malto tostato. Al gusto, valuta se l’equilibrio ti soddisfa: è troppo tenue il caffè? Troppo forte? Prendi appunti per la prossima cotta. Ogni homebrewer affina la tecnica col tempo, ma già con questi consigli hai ottime probabilità di ottenere una birra al caffè deliziosa.

Conclusione

Le birre al caffè rappresentano un affascinante connubio tra la ricchezza maltata della birra e gli aromi inebrianti del caffè. Abbiamo visto che esistono vari metodi per unire questi due mondi: dall’estrazione a freddo per preservare gli aromi più delicati, all’infusione in whirlpool per un tocco più deciso, fino alle tecniche miste e sperimentali. Ognuna ha i suoi pro e contro, ma tutte convergono su un punto fondamentale: bisogna conoscere a fondo gli ingredienti e trattarli con cura per evitare difetti come l’eccessiva astringenza.

Realizzare una coffee beer di successo richiede equilibrio. Significa scegliere un caffè di qualità (magari un’Arabica appena tostato), dosarlo con attenzione e decidere quando aggiungerlo al mosto in base all’effetto desiderato. Significa anche formulare una ricetta di birra che supporti il caffè: un buon corpo, malti tostati in giusta misura, amaro bilanciato. Come per ogni birra artigianale, l’esperienza è la migliore guida: provando diverse soluzioni imparerai quale metodo esalta meglio il tipo di caffè che ami e lo stile di birra prescelto.

In conclusione, birre al caffè: estrazione a freddo, infusione in whirlpool e rischio astringenza non sono più misteri ma strumenti nel toolkit del birraio creativo. Armato di queste conoscenze, puoi sperimentare in sicurezza e creare la tua birra al caffè perfetta. Non resta che mettere in pratica quanto appreso: sperimenta, assaggia e affina la ricetta finché non otterrai la coffee beer dei tuoi sogni. Chissà, magari in futuro vedremo anche coffee IPA luppolate o birre acide al caffè: la sperimentazione è infinita, e ogni innovazione apre nuovi orizzonti per gli amanti di birra e caffè. Buon brewing!

Tl;dr

Le birre al caffè combinano l’aroma del caffè con la ricchezza della birra, spesso stout o porter. L’estrazione a freddo preserva aromi delicati, mentre l’infusione in whirlpool dona sapori intensi. Per evitare l’astringenza, usa caffè Arabica medio-tostato, controlla tempi e temperature, e bilancia la ricetta. Prova a fare una coffee stout in casa con una ricetta base equilibrata e un cold brew ben dosato.


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2 commenti

  1. Ottimo articolo, molto dettagliato! Ho provato a fare una stout con cold brew e il risultato è stato sorprendente. Qualche consiglio su quale varietà di caffè scegliere per una porter più leggera?

    • Grazie Luca! Per una porter più leggera, ti consiglio un’Arabica con tostatura media, come un Ethiopia Yirgacheffe: ha note fruttate e floreali che si sposano bene senza sovrastare la birra. Prova con un cold brew dosato a 5-7 g/L per non coprire la dolcezza maltata!

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